Mohamed Ali si trova in Spagna, dove si è nascosto con la famiglia per sfuggire alla dittatura di Al-Sisi. È stato denunciato per alto tradimento a causa dei suoi video che dai primi di settembre stanno incendiando l’Egitto. Dalla sua pagina facebook, Ali racconta la corruzione che, come appaltatore dell’esercito egiziano, ha scoperto e documentato, coinvolgendo i vertici militari dell’attuale regime e il leader Al-Sisi in persona.
Vero democratico o pupazzo nelle mani dei fratelli musulmani? I pareri su questo imprenditore egiziano 40enne ed ex attore sono discordi. Di certo i suoi attacchi via web hanno portato in piazza migliaia e migliaia di persone, all’inizio di settembre. Radio 24 lo ha raggiunto nel suo rifugio e lo ha intervistato per la trasmissione Nessun Luogo è Lontano di Gianpaolo Musumeci.
Dopo il suo primo video poteva immaginare una reazione tale da parte di così tante persone che sono scese in piazza? Ne è stato sorpreso?
Pensavo che il primo video che ho girato sarebbe stato condiviso solo tra le persone con le quali lavoro, all’interno dell’esercito, non mi aspettavo che avrebbe ottenuto l’enorme circolazione che ha avuto. Dopo averlo girato, sono tornato a casa e ho visto che il numero di visualizzazioni e di condivisioni continuava a crescere: ero molto sorpreso, non mi aspettavo questo effetto. Persino quando la gente ha iniziato a scendere in strada, non mi aspettavo neppure una persona. Ho iniziato a invocare una protesta e la necessità di scendere in piazza solo dopo aver visto il presidente Al-Sisi al congresso: stava facendo il mio nome, stava ammettendo di aver costruito palazzi e grattacieli e, anzi, diceva che ne avrebbe costruiti ancora di più. Questa presa di posizione, il fatto che in qualche modo Al-Sisi ammettesse la corruzione senza vergogna, mi ha fatto infuriare, ed è stato allora che ho detto: scendete in piazza! Facciamo una rivoluzione!
Adesso lei probabilmente sarà molto attento alla sua sicurezza personale; è spaventato? da cosa?
Mi sento sicuro, per ora, perché so che le nazioni europee rispettano i diritti umani. Ma all’inizio temevo di essere ucciso, temevo che venisse inviato qualcuno a uccidermi o che pagassero qualche criminale professionista per farlo. Ho ricevuto diverse minacce di morte, non solo via internet, ma anche per telefono. Ad esempio, un uomo residente in Egitto ha scritto su Facebook che avrebbe offerto 5 milioni di sterline egiziane, circa 280mila euro, a chiunque gli avrebbe portato la mia testa. Nessuno ha chiesto di ritirare questo post, e nessuno ha neppure pensato di aprire un’inchiesta ufficiale su questa persona e portarla davanti a un giudice, anche se il contenuto era estremamente violento nei miei confronti.
Nei suoi video sottolinea che il problema principale dell’Egitto è la corruzione; ci racconta come l’ha sperimentata di prima mano?
All’inizio, non capivo esattamente che cosa fosse la corruzione. Ma dopo un po’, dopo aver iniziato a lavorare con l’esercito egiziano, ho capito pian piano come funzionava il sistema. In Egitto, spesso si crede che l’esercito sia molto rispettoso delle regole, che si tratti di un settore dello Stato che non farebbe mai nulla di sbagliato. “Sono degli angeli mandati da Dio”, si dice. Ma quando ho lavorato sempre più in profondità con loro, e ho capito i livelli di corruzione di cui erano capaci, non mi è rimasta altra scelta che condividere quello che sapevo con tutto il popolo egiziano. Forse è questo che ha stupito gli egiziani: perché qualcuno che lavora con loro dovrebbe parlare della corruzione, e rinunciare così ai suoi privilegi?
Può descriverci nello specifico un caso in particolare nel quale ha sperimentato di prima mano la corruzione diffusa tra l’esercito egiziano e nel governo egiziano?
Vi racconterò la storia dell’Hotel Triumph. Allora, nell’entourage del presidente Al-Sisi spicca un suo carissimo amico, che si chiama Sharif. Sono molto vicini. Questo Sharif, oltre a essere un militare di alto livello, è anche diventato il proprietario dell’Hotel Triumph del Cairo: e perchè? Solo perché il presidente Al-Sisi ha deciso di fargli un bel regalo, e di far costruire per lui questo grande albergo. L’Hotel Triumph è costato due miliardi di sterline egiziane, circa 110 milioni di euro, ed è stato costruito in una zona dove ci sono già altri cinque hotel, nessuno dei quali lavora davvero. Lo so perché l’ho costruito io, su mandato dell’esercito egiziano, e non sono stato pagato; ma Sharif, l’amico del presidente Al-Sisi, si è ritrovato questo regalo dal nulla, un enorme albergo proprio di fronte a casa sua. E all’inaugurazione lo stesso Al-Sisi era lì, a premiare celebrità come attori e cantanti. Come può un presidente che chiede ristrettezze al popolo, un presidente che dice “noi egiziani siamo poveri, dobbiamo fare dei sacrifici”, mettersi a regalare un albergo da due miliardi di sterline egiziane a un suo amico, in una zona dove questo progetto non serve a niente? E come l’Hotel Triumph, ci sono moltissimi altri progetti mai pagati, progetti creati solamente per favorire e compiacere l’entourage del presidente.
È a conoscenza del caso di Giulio Regeni, il ricercatore italiano?
Certamente, conosco il caso. Sono stati i servizi segreti egiziani a torturare e uccidere Regeni, e poi si sono ritrovati tra le mani un caso che non erano in grado di gestire. Hanno provato a dire all’Italia che non erano coinvolti.
Visto il caso di corruzione dell’Hotel Triumph, e tutti gli altri simili di cui è a conoscenza, ma vista anche la morte di Giulio Regeni e di moltissimi attivisti egiziani torturati e uccisi dai servizi egiziani, come definirebbe il governo del generale Al-Sisi? Che tipo di nazione è oggi l’Egitto? E cosa dovrebbero fare gli egiziani?
È un governo dell’ingiustizia. O, se preferite, l’Egitto è una dittatura. Prima di tutto, noi egiziani dobbiamo riformare il governo. Si dice che non ci possono essere tasse senza una rappresentatività, giusto? Noi egiziani dobbiamo guardare all’Europa, al Canada, all’Australia, agli Stati Uniti come modello. Sono modelli di successo. Ma il problema è che con Al-Sisi è l’esercito a prendere ogni decisione, e questa è una dittatura. Farò un esempio. Una volta, quando lavoravo ancora in Egitto, ho partecipato a un incontro di lavoro e ho proposto: perché non facciamo come si fa in Europa? Nel costruire una ferrovia, chiamiamo una società straniera, francese o tedesca o spagnola, ad esempio, e questa società, in cambio della costruzione, diventerà l’operatore della tratta ferroviaria. Così, entrambi i Paesi otterranno un vantaggio: avremo dei buoni treni, e quando i turisti arriveranno dall’Europa si ritroveranno con un servizio simile a quello del Paese d’origine. Ma a questa proposta i militari hanno detto di no, con forza: per loro significa che stai vendendo la tua terra. Sapete cosa mi hanno detto? Mi hanno accusato: “Ne sai più di noi? Pensi di saperne più di noi? Noi in questo Paese possiamo fare tutto quello che vogliamo”. E siccome possono fare tutto, lo stesso esercito vuole essere l’unico operatore delle ferrovie; non hanno alcun vantaggio a far entrare qualche Paese europeo, preferiscono ottenere aiuti dall’Europa, o credito dall’Europa, o da altri Paesi, e continuare a controllare il denaro da soli.
Alcuni dei suoi nemici, e anche alcuni giornalisti, dicono che lei è sostenuto dai Fratelli Musulmani: che cosa risponde?
Ci sono molte opposizioni al governo egiziano, anche opposizioni in esilio, e i Fratelli Musulmani sono solo una di queste. I Fratelli Musulmani mi hanno chiesto: “Allora, che cosa vuoi per l’Egitto?”. Per il mio Paese non voglio al governo né l’esercito né i Fratelli Musulmani, ho risposto, e allora i Fratelli Musulmani si sono un po’ arrabbiati e mi hanno detto: “Vuoi che il nostro Paese diventi come l’Europa? Non lo sappiamo, ma se vuoi che vengano rispettati i diritti di tutti, allora su questo siamo con te”.
Quale sarà la sua prossima mossa? Altri video o altro?
Ho un nuovo piano, ma per adesso voglio rivelare agli egiziani che tutto il credito che il presidente Al-Sisi ottiene dall’estero, dall’Europa o da altre nazioni, non viene investito sull’Egitto, ma solo per i profitti dello stesso Al-Sisi e del suo entourage. Voglio rivelare gli investimenti e le speculazioni che Al-Sisi sta facendo in tutto l’Egitto davanti al mondo intero. Quello che Al-Sisi fa con le nazioni straniere è raccontare che in Egitto c’è molto terrorismo e che la popolazione è generalmente ignorante; racconta che la gente non ha neanche da mangiare e che abbiamo bisogno di aiuto contro il terrorismo. Voglio smentire tutto questo e dimostrare che Al-Sisi tiene questi fondi per sé. L’Egitto non dovrebbe ottenere denaro dalle altre nazioni, come un accattone, ma ha bisogno di investimenti, soprattutto sull’istruzione. Ha bisogno di imitare tutti gli esempi positivi possibili dall’estero.
È stato avvicinato da funzionari di governi stranieri? Diciamo da parte del governo spagnolo, o francese, o dal governo italiano, che le hanno offerto qualche aiuto o magari hanno cercato di avere qualche informazione? Oppure lei stesso ha cercato di avvicinare funzionari di governi stranieri per ottenere aiuto contro Al-Sisi?
No, non sono stato avvicinato da alcun governo straniero, ma spero proprio che qualcuno mi aiuti.