Nel settembre di due anni fa gli scontri tra indipedentisti corsi e forze dell’ordine a Bastia si erano svolti soprattutto di fronte alla prefettura. A sei mesi dalla morte di Yvan Colonna (21 marzo 2022), assassinato in carcere, oltre 200 manifestanti avevano raccolto l’appello di Ghjuventù Libera. Circostanza non casuale, in quanto il giorno dopo era previsto l’arrivo del guardasigilli nell’Isola di Granito.
Tra gli slogan, “Riconoscimento del popolo corso”,”Giustizia e verità per Yvan Colonna”, “Libertà per i prigionieri politici”.
Alcuni incappuciati avevano lanciato delle molotov a cui la polizia (erano schierate ben sette, forse otto, compagnie di crs) rispondeva con i lacrimogeni che presto avevano avvolto l’intero quartiere in una densa nebbia chimica.
A distanza di oltre due anni, il 7 novembre, quattro persone sono state convocate dal procuratore della repubblica di Bastia, accusate di “violenza volontaria in associazione ai danni di persone rappresentanti della pubblica autorità e di partecipazione armata a un assembramento”.
Per due di loro la prima udienza è prevista per il 5 dicembre. Altri due, minorenni all’epoca dei fatti, dovranno comparire davanti al tribunale minorile il 15 gennaio 2025. Tutti comunque erano già stati arrestati e sottoposti a controllo giudiziario dal giorno prima (6 novembre). Uno dei quattro era già in carcere per un’altra inchiesta.
Contemporaneamente, sempre il 7 novembre, due sindacati studenteschi (Ghjuventù Paolina e Ghjuventù Indipendentista) e alcune associazioni (Associu sulidarità, Unione di a Ghjuventù in Lotta…) hanno espresso solidarietà agli arrestati. In particolare a Matteo Giona, esponente di Unione di a Ghjuventù in Lotta, bloccando quindi con tavole, transenne e altre barriere l’intero campus dell’Università di Corsica.
Stando alle dichiarazioni in conferenza-stampa di uno degli organizzatori (Jean-Laurent Morrazani di Ghjuventù Paolina che comunque ha definito la giustizia francese “coloniale e infame”), l’occupazione vuole restare pacifica: “Abbiamo preso la decisione di bloccare l’università in solidarietà ai nostri compagni arrestati. In quanto sindacato studentesco e rappresentanti della gioventù corsa, abbiamo il dovere di bloccare l’università che è la casa dei giovani corsi”.
La garanzia che tutto dovrebbe svolgersi pacificamente viene anche da Dumé Federici, presidente dell’università: “Vogliamo assicurarci che tutto si svolga nella calma e resteremo in contatto con gli studenti per tutto il tempo necessario. Cercando nel contempo di gestire la situazione per gli studenti che non potranno accedere ai corsi”. In ogni caso la protesta, più che altro simbolica, dovrebbe concludersi entro metà novembre.