Le società contadine e montanare, quelle “dal cervello fino”, non si affidavano ai filosofi o alla psicoanalisi freudiana ma alla divinità. Un tempo l’agricoltura rappresentava l’attività più diffusa perché era in grado di fornire con il lavoro nei campi i prodotti necessari alla sussistenza. Accanto a questa, l’artigianato creava i prodotti che coprivano le necessità più importanti: vestiario, attrezzi per il lavoro, prodotti per la casa. C’era la forte esigenza di implorare la benevolenza divina su tutto.
Ogni nazione ha sempre avuto nei riti pagani e religiosi – spesso questi la continuazione di quelli – l’omaggio rispettoso alla fertilità della terra. Il cattolicesimo ha svolto un ruolo importante nella lotta contro i pericoli che minacciavano il mondo rurale, e i riti sacramentali sono stati usati con finalità penitenziali e imploranti come strumenti di protezione.
Un antico rito della Chiesa invitava i popoli, con sollecitudine materna e senso pratico, a pregare affinché il Creatore benedicesse le campagne, perché il duro lavoro nei campi non andasse distrutto e desse i frutti necessari al corpo e allo spirito. Con le Rogazioni (dal latino rogare, chiedere), da quindici secoli elevate a Dio, si è perpetuato così l’antico principio del cristianesimo: la devozione alla terra paterna, al luogo natio, del radicamento e quindi al destino dei popoli nel contesto della loro comunità etno-linguistica.
Le Rogazioni, in tempi già così poveri di momenti dedicati alla vita cristiana, sono quasi del tutto scomparse anche a causa dell’iconoclastia conciliare della riforma liturgica del 1969 di Paolo VI, che ha causato più danni che benefici, svuotando le Chiese dalla partecipazione alla Messa. Dopo gli appelli di molti fedeli, il Benedizionale (revisionato nel 1984 da San Giovanni Paolo II) ha previsto la possibilità di celebrare nuovamente il rito in alcuni momenti particolari a livello ecclesiale o comunitario. Le Rogazioni, oggi raramente celebrate, vengono legate soprattutto alla riscoperta delle tradizioni agricolo-pastorali a vocazione eco-ambientale.
Tuttavia, in tempi in cui la Chiesa sta vivendo un momento di confusione dottrinale e pastorale, ammesso e non concesso che qualche cattolico abbia sentito parlare di questi riti, che forse rimangono solo nella memoria di qualche anziano, è importante ripercorrere questo antico atto di fede.
Le Rogazioni Maggiori (dette anche Litanie Maggiori)
Le Rogazioni Maggiori hanno un’origine molto antica. Si rifanno a una celebrazione pagana dell’Antica Roma: le Ambarvalia. Le Ambarvalia erano processioni e riti fatti allo scopo di propiziare il buon esito dell’annata agraria. L’ambarvale più importante era quella tenuta il 25 aprile, denominata Robigalia, che corrisponde al giorno della festa di San Marco. La processione anticamente a Roma partiva da San Lorenzo in Lucina, percorreva quella delle Robigalie, la via Flaminia e, giunta a Ponte Milvio, girava a sinistra dirigendosi verso San Pietro. L’itinerario fu poi modificato: la processione percorreva via del Laterano proseguendo fino a San Pietro.
La Chiesa ha fatto proprio questo rito verso la metà del IV secolo con papa Liberio. Non dedicandolo solo a un semplice simulacro (una statua di di pietra) ma a Dio, Padrone e Signore di tutte le creature. Alla fine del VI secolo, con il papato di san Gregorio Magno, la Chiesa ha cristianizzato definitivamente queste processioni. Gregorio, nel Sacramentario, ha definito questo rito come “Litania maggiore” (Litania quae maior appellatur)
Le Rogazioni Minori
Le Rogazioni Minori, nate come complemento della liturgia pasquale, hanno inizio nel V secolo nel Delfinato a Vienne, a sud di Lione, città dell’allora Gallia Lugdunensis. Sono state istituite da Mamerto, vescovo di Vienne (poi proclamato santo). La sua Memoria liturgica cade ogni 11 maggio; le sue reliquie, custodite nella cattedrale di Orlèans, furono distrutte dagli ugonotti nel XVI secolo, mentre il suo sarcofago fu ritrovato nel 1860 ed è conservato nella chiesa di San Pietro di Vienne, presso il Museo Archeologico.
Il periodo nel quale San Mamerto svolse il suo ufficio fu caratterizzato da molti eventi disastrosi, in un’epoca conosciuta per essere stata teatro delle grandi invasioni barbariche. Nello spazio di un anno, intorno al 474 d.C., una pestilenza uccise il bestiame, la popolazione fu terrorizzata dai lupi e vi furono terremoti: eventi che parevano segni della collera divina. Una notte a Vienne, un incendio minacciò seriamente un edificio e il vescovo incoraggiò il popolo perché implorasse Dio e la sua Clemenza:
Preghiamo Dio affinché respinga le nostre piaghe, ci difenda dalle malattie, dalla grandine, dalla siccità, dal fuoco, dai nemici e ci doni delle belle stagioni. Preghiamo Dio perché la nostra terra sia fertile, affinché possiamo avere pace e tranquillità ottenendo il perdono dei nostri peccati.
Egli prescrisse tre giorni di espiazione, durante i quali i fedeli dovevano fare penitenza e una processione; tre giorni di preghiera al canto dei salmi che da allora si sarebbero svolti nei tre giorni prima dell’Ascensione. I disastri finirono, l’incendio si spense miracolosamente e San Mamerto, senza prevederlo, gettò le basi di quel rito primaverile che tutta la Chiesa avrebbe poi adottato.
Nel 511 i canoni del sinodo locale d’Orlèans, avendo rinunciato alla Liturgia Gallicana per assumere quella di Roma, fissò il rito in tutta la Gallia per un periodo di tre giorni prima dell’Ascensione: lunedì, martedì e mercoledì. Nel 567, il Sinodo locale di Tours sancì l’obbligo del digiuno durante le Rogazioni e l’astensione dal lavoro. Nel VII secolo vennero introdotte in Spagna, poi in Inghilterra e più tardi anche in Germania. Oltralpe vennero riconosciute dagli imperatori carolingi. Nel IX secolo, a Roma, papa Leone III (il pontefice che incoronò Carlo Magno) estese il rito a tutta la cristianità e lo fece adottare in ogni parrocchia. Nel XIII secolo santa Elisabetta di Ungheria, partecipando al rito, si confuse con le pie donne del popolo, camminando con loro a piedi nudi.
San Carlo Borromeo, che nel XVI secolo ripristinò nella Chiesa di Milano molti usi dell’antichità, non trascurò sicuramente quello delle Rogazioni. La Processione, alla quale tutto il clero della città era tenuto ad assistere e che cominciava con l’imposizione delle ceneri, partiva dal Duomo allo spuntar del giorno e non vi rientrava che alle tre o alle quattro del pomeriggio, dopo aver visitato: 13 chiese il lunedì, 9 il martedì e 11 il mercoledì.
Rito nelle zone rurali
Il rito inizia al mattino presto, i fedeli si raccolgono nella chiesa parrocchiale prima che spunti il sole. Il sacerdote celebra la Santa Messa, propria delle Rogazioni, indossando paramenti violacei.
Quindi inizia la processione, al canto delle Antifone, dei Salmi e delle Litanie dei Santi (chiedendo la loro intercessione), partendo dall’altare. In ginocchio viene intonato il Kyrie e altre litanie; tutti rispondono al celebrante con le medesime invocazioni. Poi tutti si alzano e incomincia a sfilare la Processione: in testa ci sono le Confraternite, le Figlie di Maria con i loro stendardi, i chierici, il sacerdote, quindi le donne con il velo, i bambini, infine gli uomini.
Si supplica Dio affinché benedica i campi, allontani la tempesta, la grandine, il terremoto e la guerra. Per esempio: “A fulgere et tempestate”, cui il popolo risponde: “Libera nos Domine”; oppure: “Ut fructus terraes dare et conservare digneris”, cui il popolo risponde: “Te rogamus audi nos”. Naturalmente si chiede a Dio di essere liberati “Ab insidiis diàboli”, presenza malefica che la Chiesa modernista sembra aver dimenticato. Si compiono itinerari diversi, nei diversi giorni, facendo in modo che, nel limite del possibile, ogni podere, ogni campo, semina e orto venga asperso con l’acqua benedetta.
Le croci di confine sono punti di passaggio della processione nei luoghi decisi, una lunga teoria di piccole cappelle abbellite con fiori da visitare fino ai confine della parrocchia. Sono luoghi che rivestono un ruolo importante anche durante il resto dell’anno nella vita del cattolico, poiché quando la parrocchia è lontana egli vi trova un riferimento per pregare.
Nei luoghi delle fermate il sacerdote interrompe le Litanie, intonando un brano del Vangelo, mentre il popolo, che ascolta in piedi, si unisce al celebrante nell’elevare a Dio la preghiera dell’Oremus.
Il sacerdote consegna la croce al chierico che la alza e poi benedice la campagna facendo ampi segni di croce: prima a levante, poi a ponente, a mezzogiorno e infine a settentrione. I fedeli si fanno il segno della croce, la processione si ricompone.
In caso di violenti temporali si usava bruciare nel camino i rami di olivo benedetto la Domenica delle Palme, per alleggerire le nuvole e scongiurare un disastro nei campi. Oppure si portavano in Processione le reliquie dei Santi, come invocazione per il bel tempo. Tradizionalmente la festa dell’Ascensione si celebrava il giovedì che segue la V domenica dopo Pasqua, ossia quaranta giorni dopo la Pasqua. Soltanto in tempi recenti è stata introdotta – in alcuni paesi tra cui l’Italia – la possibilità di trasferirla alla domenica successiva, per ragioni di uniformità con il calendario civile.
Alle nuove generazioni l’augurio di conservare con fede e devozione le tradizioni di supplica, quei segni di cattolicità che furono cari ai nostri avi, non cercando l’applauso del mondo, ma il gradimento di Dio. Con rinnovata fiducia bisogna ritornare a Lui assaporando l’efficacia della Sua risposta, perimentata dai nostri avi in lotta contro gli elementi della natura.
Le Rogazioni fanno parte del fiume carsico della tradizione spirituale; e anche se negli ultimi decenni, come abbiamo detto denunciandone le cause, sono quasi del tutto scomparse dalla vita ecclesiale, oggi sembrano tornare alla luce della vita cristiana. Basta guardare i bollettini parrocchiali e i siti religiosi, dove si riscopre e si rilancia l’antico rito annunciando una sua rinnovata gemmazione, della quale sin d’ora ringraziamo il Signore.