Se si dovessero fare paragoni tra i processi di pace e di soluzione politica del conflitto degli ultimi anni (Sudafrica, Irlanda, Colombia, Paesi Baschi) alcuni risulterebbero tutto sommato virtuosi. Magari non completamente soddisfacenti rispetto alle aspettative, visto che in Sudafrica rimane molto alto il livello di povertà e disoccupazione, mentre l’Irlanda è sempre divisa in due. Ma sicuramente qui, tutto sommato, è andata meglio che in Colombia dove sindacalisti, ecologisti, nativi, esponenti della società civile (oltre a molti ex guerriglieri che avevano rinunciato alla lotta armata) vengono metodicamente sequestrati e abbattuti dalle squadre della morte.
Tutt’altro che rosea poi la situazione dei prigionieri baschi. Nonostante ETA abbia deposto le armi, molti di loro rimangono in carcere anche quando si trovano in cattive condizioni di salute. E in carcere, talvolta, muoiono. Due casi di questi giorni.
Jakes Esnal, prigioniero politico basco, è in carcere in Francia da circa 30 anni e rischia di rimanervi ancora per molto tempo. La sua prima domanda di liberazione condizionale, poi rifiutata, risaliva al 2016. Il 13 marzo, dopo un lungo rinvio per dare modo al CPMS di studiarla, la seconda domanda era stata valutata dal tribunale di Parigi e accettata. Ovviamente a precise condizioni: 2 anni di braccialetto elettronico e altri 10 di sorveglianza (ossia fino all’età di 82 anni).
Nonostante queste restrizioni la procura aveva ugualmente fatto appello, e la scarcerazione di Esnal è stata ufficialmente sospesa il 12 maggio. Per ora l’ex militante di ETA può soltanto rimanere in attesa di ulteriori sviluppi.
Invece in Spagna un altro prigioniero basco, Patxi Ruiz, è in sciopero della fame e della sete da alcuni giorni. Condannato a una pena di 30 anni per l’uccisione di un consigliere di UPM, quello che Ruiz chiede è la propria scarcerazione. Finora non è ancora stato visitato da un medico, ma soltanto trasferito dal modulo 8 della prigione di Murcia dove era detenuto. Presumibilmente per tenerlo separato dagli altri prigionieri. Nei suoi confronti hanno espresso solidarietà tre detenuti di Puerto III ugualmente in sciopero della fame da alcuni giorni. Nella giornata di ieri altri quattro sono entrati in sciopero della fame (stando alle notizie reperibili, in forma alternata, a staffetta).
Ovviamente non si intende qui sottovalutare la gravità degli attentati commessi dagli etarras negli anni passati. Anni tragici, drammatici e crudeli. Con ripetute violazioni dei diritti umani sia da parte dei guerriglieri sia da parte delle squadre della morte (ATE, Tripla A spagnola, BVE, GAL…) sul libro paga dei vari governi madrileni. Ma, forse, nella prospettiva di una soluzione politica duratura e di una auspicabile pacificazione, la richiesta di amnistia (come avvenne in Sudafrica con la fine dell’apartheid e la scarcerazione di Mandela o in Spagna dopo la morte di Franco) è perlomeno sperabile.