Pakistan: “Terzo Polo” per ora più economico del Nepal, frequentato da vacanzieri d’alta quota che talvolta mascherandosi con paternalistiche iniziative umanitarie (due-tre scatole di medicinali tra un’ascensione e un trekking non si negano a nessuno) alimentano una sorta di neocolonialismo. Ma anche terra tormentata da conflitti etnici e sociali. Con drammatiche derive sia repressive che terroristiche.
Tra le minoranze costantemente sotto tiro (in realtà si dovrebbe parlare di “popoli minorizzati”, come per i curdi) vi sono sicuramente i beluci. Infatti – anche se gli scanzonati turisti occidentali sembrano ignorarlo – in Pakistan, e nella regione sottosviluppata del Belucistan in particolare, da decenni è in atto una rivolta con istanze indipendentiste. Contro quello che viene considerato lo sfruttamento delle risorse naturali, soprattutto minerali, della regione da parte di Islamabad (coadiuvata da Pechino) e contro le ripetute violazioni dei diritti della popolazione autoctona.
Dal 22 marzo la militante Mahrang Beloch (attivista per i diritti umani, fondatrice del Baloch Yakjehti Committee e candidata al premio Nobel per la Pace) si trova in isolamento dietro le sbarre nella prigione distrettuale di Hudda (Quetta). Stando alle ultime notizie (filtrate dal carcere con difficoltà dato che le viene impedito di parlare con il suo avvocato), versa in pessime condizioni. A causa della situazione igienica si sarebbe ammalata (così come un’altra attivista, Beebow) senza però venir curata.
L’antecedente
Il 20 marzo alcune famiglie avevano tentato di riprendersi i corpi dei propri cari (23 desaparecidos di cui solo cinque recuperati) conservati all’ospedale di Quetta, nonostante il rifiuto delle autorità di Islamabad che li ritengono i cadaveri dei terroristi beluci (presunti membri del Balochistan Liberation Army) responsabili dell’attacco al treno Jaffar Express. Alle proteste delle famiglie la polizia rispondeva a manganellate e colpi di arma da fuoco con almeno tre vittime, tra cui un dodicenne. Decine i feriti mentre si impediva alle ambulanze di soccorrerli.
Contemporaneamente andavano allargandosi le proteste, gli scioperi, le serrate e gli scontri. Il 22 marzo i manifestanti esponevano sulla pubblica via i corpi delle persone uccise. Da parte sua la polizia procedeva a nuovi arresti di massa: almeno 150 persone accusate come da manuale di “terrorismo”.
Nonostante i numerosi arresti preventivi, il Baloch Yakjehti Committee (organizzazione indipendentista rigorosamente politica e non violenta) si mobilitava in diverse città con sit-in di denuncia per i sempre più numerosi casi di giovani beluci sequestrati dalle forze dell’ordine e di cui poi si perdono le tracce. Secondo alcune ong dal 2009 sarebbero oltre seimila le persone di cui non si è saputo più nulla mentre oltre 1500 cadaveri di desaparecidos sono stati ritrovati abbandonati lungo le strade.
Una pericolosa deriva che potrebbe amareggiare e disilludere i giovani beluci attivi nei movimenti nonviolenti per l’autodeterminazione (come appunto il Baloch Yakjehti Committee) alimentando l’afflusso nei ranghi dei gruppi armati. Principalmente il Balochistan Liberation Army che solo l’anno scorso ha rivendicato oltre trecento attentati (con evidenti derive di stampo terroristico).
Se in passato il bla aveva colpito soprattutto le attività economiche, sia pakistane sia cinesi, negli ultimi tempi tra gli obiettivi sembra aver individuato le infrastrutture ferroviarie. Al momento non si hanno ancora dati certi, definitivi sul numero delle vittime causate dall’assalto del bla al Jaffar Express (l’11 marzo nella valle di Bolan, distretto di Kachhi) e dal successivo intervento dell’esercito. Dati ufficiali: 31 persone uccise dal bla e 33 terroristi uccisi dai militari. Da parte sua il bla rivendicava l’uccisione di 214 ostaggi definendoli “personale militare”. Il treno con circa 450 passeggeri era partito da Quetta, capoluogo del Belucistan, ed era diretto a Peshawar.
Sulla drammatica vicenda è stato anche diffuso un video di Hakkal Media, succursale mediatica del bla e ritenuto autentico da Reuter.
Oltre a far saltare i binari, i miliziani beluci avevano scagliato decine di razzi contro il treno. Successivamente, il 16 marzo, il bla colpiva con attentatori suicidi un altro treno a Noshki sostenendo di aver ucciso un centinaio di soldati. Mentre per l’esercito le vittime sarebbero state cinque (cifre entrambe improbabili, propagandistiche secondo alcuni osservatori).