Continuano ad arrivare notizie collegate all’assalto degli jihadisti al carcere di Hassaké, le quali sembrano rafforzare il sospetto che anche Damasco, oltre ad Ankara, sia pesantemente coinvolta nell’operazione, probabilmente studiata per mettere in difficoltà l’amministrazione autonoma (AANES).
È infatti confermato che, in coincidenza con l’assalto, il governo siriano aveva predisposto l’evacuazione delle proprie forze da ogni base e avamposto militare situati nel deserto di Resafa, a sud di Raqqa. Lasciando in pratica mano libera a Daesh.
Per un portavoce delle FDS, Fharad Shami, “le ragioni di questo improvviso ritiro sono quantomeno sospette. Perciò le nostre forze hanno preso misure precauzionali per impedire che Daesh approfitti di questo vuoto, diventando una ulteriore minaccia per Raqqa e i territori circostanti”.
Nel frattempo, con la cattura o la resa di altri jihadisti, sarebbero oltre 500 quelli in mano alle FDS nella città di Hassaké. Prosegue anche la liberazione di altri ostaggi caduti nelle mani dei rivoltosi nel corso della tentata evasione di massa.
A questo punto è lecito pensare che pur di liberarsi dei curdi – o almeno delle loro organizzazioni – il governo siriano sia disposto a lasciare che jihadisti e mercenari turchi (oltre all’esercito di Ankara che occupa territori entro i confini siriani) scorrazzino impunemente in Siria. Anche sulla pelle delle popolazioni. Ritenendo forse di risolvere il problema in un secondo tempo, magari coadiuvato da Ankara (oltre che da Mosca e Teheran naturalmente).