Impossibile, da “stampa specializzata”, non fare almeno un atto di presenza sulla questione referendum. Ci riguardano? In parte sì, dato che c’è di mezzo l’“autonomia” di Lombardia e Veneto. In parte no, perché si tratta di una faccenda tecnicamente “italiana” (e noi della politica italiana non ci occupiamo): primo, perché i referendum sono di taglio puramente economico-fiscale, e al massimo potrebbero portare a competenze analoghe a quelle della Sicilia o del Friuli; secondo, perché i due governatori coinvolti hanno come capopartito uno che sventola il tricolore.
Ciò detto, servirà questa consultazione? Speriamo di sì. Ma ricordiamo anche che lo Stato centrale ha come fondamento esistenziale – non scritto nella Costituzione – la rapina delle popolazioni padano-venete per mantenere se stesso e le regioni meridionali. Cedere gestione economica alle due entità trainanti, con un possibile effetto domino su Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna, significa minare il significato stesso di questo obbrobrio ottocentesco. Senza contare che un paio delle suddette Regioni sono in mano al custode dell’unità centralistica, il partito comunista, che si vedrebbe scavalcato dai propri sudditi qualora optassero a loro volta per l’autonomia.
In poche parole, Roma non permetterà che questa operazione abbia un seguito.
Un’altra analisi di tipo etnistico. Come era, non facilmente prevedibile ma addirittura ovvio, il Veneto ha votato compatto, la Lombardia un po’ meno, Milano poco o nulla. Come vedrete, né i governatori e il loro partito né i giornalisti ufficiali vi forniranno alcuna spiegazione sull’argomento. La quale, invece, è semplicissima al limite del banale: il Veneto è abitato in maggioranza da veneti e la Lombardia ha una quantità impressionante di immigrati. Quanto a Milano, è letteralmente invasa da una seconda ondata di “italiani”, che provengono proprio dalle zone che rischierebbero di vedersi tagliare i flussi di denaro.
Queste metropoli, come Milano in Lombardia, Torino in Piemonte e, tra poco, Bologna in Emilia, sono ormai corpi estranei nel cuore dei loro territori, e se le varie forme di autodeterminazione delle popolazioni padane saranno affidate a votazioni e referendum, i capoluoghi si schiereranno contro. D’altra parte… e ben lo sanno quei popoli baltici che tentano di tenere gli invasori russi lontani dalle urne… le immigrazioni legalizzate condizionano per forza di aritmetica il diritto decisionale degli autoctoni. Ecco perché, per citare un caso attualissimo, la Catalogna non diventerà indipendente a breve: non a causa di Madrid, ma per il fatto che, essendo piena di “spagnoli”, almeno metà della sua popolazione non vuole la separazione.
Milano ha poi una caratteristica peculiare, anetnica: la sua cosiddetta “borghesia illuminata” si sta riducendo a un ammasso balbettante di radical chic, gente convinta di essere colta perché si fa infinocchiare meglio di altri dal mondialismo criminale, gente convinta di essere cosmopolita perché si riempie di criminali stranieri, e le sue stazioni e i suoi giardini si trasformano in cessi. Fondamentalmente dei polli, aggrappati al denaro esattamente come i loro nonni, ma ormai incapaci persino di fare i propri interessi.