Vivere alla polinesiana e credere nei valori ancestrali a contatto con la natura non è qualcosa che si fa tanto per dire: alle parole deve seguire l’azione, e infatti i polinesiani sono inclini al movimento.
Per questo, per riportare l’attenzione sul nuoto, venerdì 30 luglio la mia amica Maire Bopp Dupont si è cimentata in una lunga nuotata, da Mo’orea, l’isola dove abita, alla vicina Tahiti. Vicina sì, ma pur sempre a 12 km nel tratto più breve, in pieno oceano, fra onde e correnti.
Sveglia alle 5, quando ancora fa buio; poi, dopo una rapida colazione, siamo saliti sulle due barche appoggio, indispensabili per realizzare la traversata in sicurezza, Maire è partita dal marae che si trova vicino alla sua abitazione, insieme alla figlia sedicenne Tapairu, per nuotare con lei fino al canale d’uscita dalla laguna in aperto oceano.
Appena saliti in barca siamo stati salutati dal soffio di una balena, contenti di avere il “supporto” di questo grande mammifero.
Per motivi di sicurezza Maire ha superato il canale in barca (si può facilmente essere risucchiati dalle onde in questo tratto di mare molto agitato), poi è scesa in acqua per realizzare il suo sogno con grande tenacia.
Non è stata un’impresa facile. Appena fuori dalla barriera corallina, la donna ha dovuto affrontare onde altre tre metri con la corrente che la sospingeva indietro, tanto che in alcuni momenti ha avuto l’impressione di non avanzare di un millimetro. E poi al largo, nell’immensità dell’oceano a perdita d’occhio, senza mai uscire dall’acqua, fermandosi solo per bere e mangiare qualche banana seccata al sole, cibo altamente energetico. Dopo la metà del percorso, l’incontro con i delfini che, schivi come sono, si sono fatti appena notare.
Verso le 16 siamo stati raggiunti da un motoscafo rosso con a bordo Teamo, fratello di Maire, che stava perlustrando il braccio di mare vicino all’arrivo sin dalle 13, in attesa della sorella.
Normalmente la distanza fra le due isole si copre in 5 o 6 ore. Maire è restata in acqua per 9 ore e mezza, fino alle 17 quando Huukena Isma, il suo allenatore marchesiano che ha un rapporto speciale con l’oceano, l’ha fatta salire in barca poco prima che calasse la notte, a tragitto quasi ultimato. Mancavano 2 chilometri che, per non lasciare l’impresa incompiuta, Maire ha terminato il giorno successivo.
Maire è una persona speciale. Questa non è che la sua ultima sfida, dopo tante sostenute nella sua vita; come quella contro l’aids che l’ha colpita una ventina di anni fa ma non ha fermato la sua esuberanza, anzi, l’ha spinta a occuparsi delle discriminazioni legate alla malattia, tanto da diventare un simbolo qui nel Pacifico. Ha svolto e continua a svolgere azioni nel mondo intero, fino in Sudafrica, con partner d’eccezione come Nelson Mandela e Clinton.
Attualmente Maire è insegnante di lettere alle scuole medie e, quando insegna la letteratura francese, lo fa parlando in reo Mā’ohi, la bella lingua polinesiana, per battersi contro l’esiguità delle ore di reo in programma, appena tre a settimana.
Atira i te ‘ohi noa
Atira i te ha’avi’ivi’i
E aroha rā i te moana
e tātarahapa haeha’a rā
‘Ia ora te mana moana
‘Ia mana te ora moana
‘Ua ora ïo tātou pouroa
Il mio nuoto è un canto
In onore dell’oceano
Per i suoi benefici
Il mio nuoto è una preghiera
Per domandare perdono
Dei nostri eccessi
Sia vita all’energia dell’oceano
Sia energia alla vita dell’oceano
Che scenda la vita intorno a noi
Questo Maire ha fatto stampare sulla maglia azzurra che abbiamo indossato, per far capire che la sua nuotata non è soltanto un’azione sportiva, ma ha un significato ben più profondo.