La regione del Caucaso – ai confini tra civiltà e continenti diversi – si presenta come crocevia di popoli, caratterizzato dalla compresenza di lingue, alfabeti, confessioni religiose e tradizioni differenti.
La Georgia rispecchia pienamente questa descrizione, essendo popolata da consistenti minoranze etniche quali abcasi, osseti, agiari, armeni, ceceni, azerbaigiani e russi. Oltre a tali comunità, figurano diversi gruppi numericamente più contenuti, la cui sopravvivenza purtroppo è insidiata da spinte assimilatrici e fenomeni migratori.
Un esempio è la comunità greca, concentrata nella municipalità di Tsalka, all’interno della regione di Kvemo Kartli (Georgia sud-orientale).

Dall’Anatolia alla Subcaucasia

Le origini di questa presenza risalgono al XIX secolo, quando la Russia zarista – dopo aver sconfitto gli imperi persiano e ottomano – annesse il Caucaso meridionale. San Pietroburgo, desiderosa di consolidare il controllo sulle recenti acquisizioni, incentivò l’immigrazione di popolazioni cristiane nella Transcaucasia, poiché giudicate maggiormente leali rispetto all’elemento musulmano. Quest’ultimo, al contrario, fu spinto a migrare nei territori della Sublime Porta, essendo reputato ostile alla dominazione russa. Per effetto di tali politiche, circa 6000 greci ortodossi partirono dall’Asia Minore per trasferirsi nell’impero russo, in particolare nelle zone di Tsalka. Si trattava soprattutto di contadini, artigiani e commercianti, attratti dai privilegi garantiti dalle autorità zariste, come aiuti economici e l’esenzione dalla coscrizione militare.


Questa comunità – unita dal credo religioso e dall’identità greca – si presentava però composita sotto il profilo linguistico, in quanto divisa in due sottogruppi distinti. Il primo era composto da sudditi ellenofoni, il cui idioma materno era rappresentato dal dialetto pontico. I membri del secondo, invece, parlavano come lingua nativa una varietà turca, conosciuta con il nome di urum. Secondo una leggenda popolare, gli antenati di queste famiglie turcofone sarebbero stati costretti dai dominatori ottomani a compiere una scelta terribile: mantenere la confessione ortodossa – abbandonando quindi la lingua greca – oppure abbracciare l’islam per mantenere l’idioma nativo. Inutile dirlo, i malcapitati avrebbero prediletto la seconda opzione, rimanendo fedeli al patriarca di Costantinopoli.
Cio nonostante, questo racconto è probabilmente una ricostruzione fantasiosa, lontana dalla concreta realtà storica. L’assimilazione linguistica di comunità ortodosse, difatti, va ricondotta piuttosto alle invasioni turche avvenute nel medioevo, che trasformarono l’Anatolia in una penisola a maggioranza turco-musulmana. Di conseguenza, la lingua greca si conservò soprattutto nei villaggi più remoti o nelle zone a forte popolamento cristiano; al contrario, nelle località a stretto contatto con l’elemento islamico le parlate dei conquistatori subentrarono a quelle indigene. In ogni caso, i locutori di urum erano spesso bilingui, avendo appreso il greco oltre alla favella natia.
Inoltre, tra il XIX e il XX secolo si diffuse anche la conoscenza del russo, adoperato dalla pubblica amministrazione, dalle istituzioni scolastiche e dalla stessa popolazione come lingua franca.

Il tramonto di una comunità

I greci di Tsalka continuarono a vivere indisturbati fino al 1991, convivendo pacificamente con gli abitanti di etnia georgiana, armena e azerbaigiana. Tuttavia, la dissoluzione dell’urss e le sue conseguenze segnarono uno spartiacque amaro: infatti, il peggioramento delle condizioni socioeconomiche – unito all’emersione di un clima nazionalista ostile alle minoranze – spinse gran parte della comunità a espatriare in Grecia. Atene, del resto, garantì loro l’accesso facilitato alla cittadinanza ellenica, favorendo in tal modo l’emorragia demografica. Secondo il censimento del 1989, oltre 100.000 greci risiedevano nella Repubblica Socialista Sovietica di Georgia, pari all’1,9% della popolazione georgiana; tuttavia, nel 2002 erano calati a poco più di 15.000 individui, scesi a 5500 nel 2014.
Attualmente nella municipalità di Tsalka il numero di greci rimasti – composto soprattutto da turcofoni in età avanzata – si aggira intorno alle 1500 unità. Inutile dirlo, coloro che sono tornati si possono contare sulle dita di una mano.