Com’era prevedibile, Ankara ha lanciato l’ennesimo attacco militare ai territori curdi dell’Iraq, in particolare nella regione dove aveva installato, illegalmente, una base militare. Avviata prima dell’alba del 10 febbraio, l’operazione dell’esercito turco è rivolta – ça va sans dire – contro il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK)
Con un comunicato l’HPG (Hezen Parastina Gel, l’ala militare del PKK) ha denunciato:
L’esercito di occupazione turco ha lanciato un’operazione globale contro la regione di Gare alle ore 3 del mattino. Aerei da combattimento turchi hanno bombardato i villaggi di Gunde Guze, Meyroke, Siyane, Cemseritke, Yekmale e Kanisarke e le regioni di Desta Kafya e Desta Nehle dalle ore 3 alle ore 6. I dintorni del villaggio di Cemrobotki sono stati bombardati due volte alle ore 4,30 del mattino. Contemporaneamente, i dintorni dei villaggi di Yekmale e Siyane sono stati bombardati da elicotteri di tipo Cobra.
Successivamente truppe dell’esercito invasore sono state sganciate intorno al villaggio di Siyane dopo che l’intero territorio aveva subìto pesanti bombardamenti, sia con aerei sia con elicotteri. Stando al comunicato di HPG, qui sarebbero ancora in corso scontri tra l’esercito turco e la guerriglia. Con il risultato che, almeno per ora, gli elicotteri da combattimento (oltre ai Cobra anche i famosi Sikorsky) hanno dovuto allontanarsi per evitare di essere abbattuti.
Elicotteri – precisa il comunicato – che non sono arrivati dal Nord Kurdistan, ma “dalla linea sud”.
In precedenza, il 30 gennaio, la zona di Aris Faris era già stata bombardata. Così come, quasi contemporaneamente, le zone di Kucuk Cilo e di Karker (regione di Zap). Il 2 febbraio era toccato al villaggio di Sine sulla montagna Mamentiye (regione di Avasin). Da parte loro, informa l’HPG, i curdi (la contraerea Martyr Delal) hanno colpito l’esercito invasore nell’area delle colline di Merganis (distretto di Cele).
Una considerazione. O anche due.
Scontato intravedere in questa operazione il tentativo di Erdogan di ricompattare l’opinione pubblica turca dopo le recenti manifestazioni studentesche. D’altra parte appare sempre più evidente che la “questione curda” rimane il vero nodo da sciogliere, se non per lo Stato sicuramente per il popolo turco. In particolare per la sinistra che – lo ripeto – senza i curdi non potrà andare da nessuna parte. Tantomeno porre termine al regime instaurato da Erdogan. D’altro canto, fino a quando ci toccherà leggere su siti in evidente overdose da geopolitica – e che magari si autorappresentano come “antimperialisti” – interviste come quella recente al “compagno” (“compagno un cazz” cantava Ricky Gianco) Dogu Perincek (presidente del Vatan Partisi, ieri maoista oggi sciovinista) possiamo solo constatare quanto siamo messi male. Molto male.