Qualche giorno fa una novantina di persone sono state raggiunte da un mandato d’arresto emesso dal procuratore generale di Diyarbakir. Tra le accuse, aver partecipato a manifestazioni non autorizzate e aver pubblicato sulle reti sociali (formalmente: per “propaganda a favore del terrorismo sulle reti sociali”). Con l’aggravante, almeno per alcuni, di aver preparato iniziative di sostegno alla causa curda.
Per l’occasione la polizia turca ha perquisito contemporaneamente oltre un centinaio di abitazioni, arrestando 59 persone mentre una trentina sarebbero ancora ricercate. Quasi simultaneamente un’altra inchiesta portava alla perquisizione di altre 30 abitazioni su mandato del procuratore di Adana.
D’altra parte, vien da dire, in qualche modo dovranno pur riempirle le carceri, sia quelle antiche sia le nuove e quelle previste. Sarebbero infatti ben 131, almeno quelle certificate, le nuove prigioni costruite negli ultimi cinque anni in Turchia, dopo quello che ormai convenzionalmente viene definito un “colpo di Stato abortito” (15 luglio 2016). Anzi, esse si devono proprio a quel golpe vero o presunto, visto e considerato che la proclamazione dello “stato di emergenza” ha consentito al governo di adottare poteri straordinari per accelerare, a livello burocratico e finanziario, l’apertura dei cantieri. Sia con un decreto con cui veniva abrogato l’obbligo di riportare tali opere nel budget annuale statale, sia ampliando le aree edificabili.
Quasi altrettante prigioni sarebbero già in programma, per un costo totale previsto di oltre un miliardo di euro. In particolare sta per essere inaugurato un mega carcere in grado di contenere oltre 15mila detenuti a Bursa, nel nord del Paese.
Dal 2016 il ritmo di fabbricazione di nuove prigioni è più che raddoppiato rispetto a quello, già sostenuto, dei quattro anni precedenti. Inoltre sono state ampliate – raddoppiate di volume – buona parte delle prigioni preesistenti. Se tradizionalmente le prigioni turche consistevano per lo più di due piani, ora quasi tutte ne hanno almeno tre. Del resto nel medesimo periodo anche la popolazione carceraria è venuta parallelamente ad aumentare, quasi raddoppiare. Stando alle stime ufficiali del ministero preposto, da 180mila a 300mila. Nonostante il Covid-19 avesse suggerito di sfoltire le celle con un paio di amnistie. Si parla di quasi 200mila detenuti rimessi in libertà, compresi mafiosi e stupratori. Ma non, ovviamente, prigionieri politici in generale e quelli curdi in particolare (nemmeno quelli gravemente malati).
Ordinaria amministrazione in Turchia: perquisizioni, arresti e nuove carceri
e sempre con un “occhio di riguardo” per i curdi