La fine della Francia come nazione occidentale giudaico-cristiana è prossima. D’altronde il cattolicesimo si è quasi estinto e il Paese dei lumi è ormai per antonomasia la fabbrica dell’islamismo. Invece d’integrazione, assimilazione ed europeizzazione, la maggioranza dei musulmani in Francia persegue il multiculturalismo, la separazione e la divisione. Abbiamo provato a fare una fotografia ravvicinata delle cose, chiacchierando con Yves Mamou, saggista di origini tunisine, già giornalista di Le Monde, autore de II grande abbandono: le élite francesi e l’islamismo.
Pochi mesi fa l’attacco alla prefettura di Parigi che ha rivelato quello che è in verità un vecchio problema di infiltrazione. È vero che tra il 2012 e il 2016 sono stati scoperti 17 casi di poliziotti radicalizzati?
Il numero oscilla tra i 17 e i 27 agenti di polizia sospettati di radicalizzazione. E non è escluso che ce ne siano di più. Ma non importa quanti sono, il problema è l’impotenza. Espellere tutti i musulmani da polizia ed esercito non sarebbe democratico: siamo la Francia, non la Cina. Eppure resta qualcosa di preoccupante e il governo ha paura di porre il problema pubblicamente.
È vera la storia secondo cui alcuni agenti di polizia si sono rifiutati di proteggere le sinagoghe e di osservare un minuto di silenzio per commemorare le vittime degli attentati terroristici?
È successo a marzo 2016.
Come si è scoperto?
Una nota confidenziale della polizia trapelò. E scoprimmo che la radio di un’auto della polizia trasmetteva sermoni islamici durante i pattugliamenti, e poi del rifiuto di proteggere una sinagoga e ancora di una poliziotta musulmana che parlava di “sporca uniforme francese”. È tutto vero quanto inquietante. E abbiamo appena appreso – dicembre 2019 – che una trentina di soldati francesi si sono uniti, dal 2012, alla jihad in Siria e in Iraq.
Che cosa pensa della dichiarazione di Abdallah Zekri – “se l’è cercata” – in merito alla sedicenne Mila, minacciata di morte per aver insultato l’islam?
Abdallah Zekri è membro del Consiglio francese per il culto musulmano, un organo che rappresenta i musulmani davanti al governo. Questo signore avrebbe dovuto calmare le acque, invece ha replicato con “se l’è cercata”. Poi il ministro della Giustizia, Nicole Belloubet, si è schierata dalla parte di Abdallah Zekri e ha dichiarato che “insultare una religione è violare la libertà di coscienza”. Così il caso Mila dimostra che il governo collabora con i principali organi dell’islam in Francia.
In che senso?
Di recente, su una radio nazionale, un artista ha cantato che “Jesus is a fag” (Gesù è una checca). Non gli è successo niente. Mentre i musulmani qui si sentono sia giudici sia giuria. E offesi dagli insulti condannano e minacciano di morte. Lo hanno fatto con Mila, proprio come a Charlie Hebdo, quando si rifiutarono pure di osservare il minuto di silenzio in memoria delle vittime.
È questo che intendeva raccontare con il suo libro II grande abbandono: élite francesi e islamismo?
Ho scritto questo libro perché non capivo più come funzionava il mio Paese. Dopo l’attacco a Charlie Hebdo nel gennaio 2015, ho pensato che il governo avrebbe agito contro l’islamismo. Ho immaginato che avrebbe vietato la Fratellanza Musulmana, chiuso le moschee salafite, espulso imam che predicavano odio, che avrebbe rintracciato i jihadisti…
E invece?
Non ha fatto niente di tutto ciò. È rimasto tutto uguale, le moschee come i predicatori d’odio. E l’estrema sinistra ha continuato a manifestare accanto ai predicatori, a islamisti e palestinesi.
Cos’altro ha scoperto?
Ho fatto ricerche per due anni, ogni giorno, e alla fine mi sono reso conto che lo Stato, la giustizia, i media, tutte le strutture sono “orientate all’islam”. Ho scoperto che c’è una “preferenza islamica” in Francia.
Tra attentati su larga scala e i crimini da coltello, il problema principale in Francia è il crimine di ingenuità nei confronti dell’islam?
Credo che dobbiamo smetterla di considerare lo Stato come “ingenuo”, “non informato”… C’è molta materia grigia nelle amministrazioni.
Allora qual è il problema?
L’Europa occidentale ha fatto una scelta strategica non per combattere, ma per essere d’accordo con l’islamismo: si tratta di un errore strategico. Un po’ come quando negli anni Trenta chi non voleva la guerra si schierò con Adolf Hitler. Abbiamo visto il risultato! Oggi migliaia di politici, giornalisti, alti funzionari pubblici, esperti, magistrati non ne vogliono sapere di una guerra all’islam.
Pagano un prezzo caro, però.
Sì, e ogni giorno rinunciano a interi tasselli di indipendenza e cultura. Gli italiani velano le statue nude quando arriva il presidente iraniano a Roma e i francesi reintroducono il reato di blasfemia.
Niente ingenuità, solo vigliaccheria?
Per essere coerenti con l’idea che è possibile andare d’accordo con l’islam, i leader europei mascherano la realtà. Quindi costringono la popolazione non musulmana e le vittime degli islamisti ad accettare l’idea che i jihadisti del coltello non siano “veri” musulmani, l’islam è pace e amore. Siamo nella fase che si mente per evitare di ammettere di star sbagliando tutto. Questa non è “ingenuità”, è cinismo, associato a una forma di stupidità.
L’islam è un problema politico?
L’islam è come l’Unione Sovietica: un sistema politico e sociale inadeguato, senza fiato e che, per sopravvivere, divenne violento. Se vogliamo continuare a essere liberi nell’arte, nell’espressione, nel governo e nella cultura dobbiamo combattere la violenza islamica.
In Francia le donne velate sono ormai la normalità. Secondo lei il velo è semplicemente un simbolo religioso come alcuni ritengono, o il simbolo dell’identità e della differenza rispetto alle donne occidentali?
Nelle società occidentali il velo è uno strumento per segnare il territorio. Gli islamisti vogliono che l’islam sia visibile ovunque. Il velo è l’uniforme di un esercito occupante. In Francia, nei distretti interamente controllati dai salafiti, il velo è il simbolo di una controsocietà. E un territorio in cui tutte le donne sono velate è un territorio preso dal nemico. Una zona dove né la polizia, né i vigili del fuoco, né il postino, né alcun non musulmano sono più accettati.
La letteratura circa il velo tende a osteggiare molto questa visione.
La verità è che il velo funziona anche come un avvertimento. Ogni donna velata esistendo informa le altre donne che un giorno dovranno sottomettersi anche loro.
Come è stata percepita in Francia l’ufficializzazione dei 150 territori il cui controllo è stato perso dalla Repubblica?
Tutti in Francia sanno che esistono “colonie” islamiche, cioè aree senza legge interamente controllate da salafiti e trafficanti di droga. Già nel 2016, Patrick Kanner, ministro della Città del governo Valls, aveva affermato che in Francia c’erano “100 Molenbeek”. Cento o 150 poco importa, lo Stato non sta facendo nulla per riprendere il controllo di questi territori.
Secondo lei il numero è veritiero?
Credo che sia considerevolmente sottovalutato. Michel Aubouin, ex prefetto, autore del libro 40 anni nelle città, afferma che ci sono circa 400 quartieri interamente sotto il controllo islamico in Francia. Ciò significa che, oggi, dai 4 ai 5 milioni di persone vivono completamente al di fuori delle leggi della Repubblica.
L’islamizzazione porterà alla guerra civile?
Non lo so! La Francia è un Paese sorprendente. Accadranno cose inaspettate.
Quale ruolo svolge l’immigrazione nell’islamizzazione della Francia?
Senza l’immigrazione musulmana non ci sarebbe l’islamizzazione della Francia. A partire dagli anni Settanta, le élite francesi incoraggiarono l’immigrazione musulmana per ridurre i costi del lavoro. Dagli anni Novanta, queste stesse élite incoraggiarono l’immigrazione musulmana per accelerare l’integrazione della Francia nell’Unione Europea. L’islam è stato il martello che ha costretto i francesi a rinunciare alle loro specificità politiche, culturali e religiose.
A che punto è l’islamizzazione?
L’islam libero e autorizzato ovunque, senza vincoli, in Francia e in Europa, è la prova che gli ostacoli culturali e religiosi sono stati rimossi.
L’uomo europeo non esiste più?
L’Unione Europea è fondamentalmente come il comunismo, ha il progetto dell’uomo nuovo, l’uomo europeo senza qualità. Il musulmano è l’uomo europeo senza qualità, il perfetto europeo.
Secondo lei l’antirazzismo serve a combattere il razzismo?
L’antirazzismo non riguarda la lotta al razzismo. Ma a rimuovere qualsiasi ostacolo che impedisce l’espansione dell’islam.
Perché i media non dicono tutta la verità?
Perché hanno paura di essere chiamati razzisti e islamofobi. Ti faccio un esempio: quando il mio libro è stato pubblicato, un giornalista della rivista Le Point mi ha intervistato, per poi ritirare il pezzo perché mi hanno giudicato come un “terribile razzista”. Se la stampa italiana assomiglia a quella francese i tuoi colleghi ti guarderanno pensando: “Questa Lorenza Formicola sarà diventata un’islamofoba razzista un po’ di estrema destra!”.
Lorenza Formicola, “La Verità”.