Oggi all’Assemblea generale delle Nazioni Unite è prevista la votazione di una risoluzione che per la prima volta in assoluto condanna il gruppo palestinese Hamas. L’iniziativa è partita dall’ambasciatrice americana all’ONU, Nikki Haley, che è in scadenza a gennaio perché ha deciso di abbandonare l’incarico ma prima è intenzionata a lasciare un segno sulla questione israelo-palestinese. “Gli Stati Uniti prendono il risultato di questa votazione molto seriamente”, ha scritto la Haley in una lettera spedita lunedì agli altri ambasciatori, “questa risoluzione è stata disegnata con cura per rispondere a un problema specifico e riflette le consultazioni con molte parti interessate per assicurare che sia bilanciata. Per questo vi chiediamo non soltanto di votare a favore, ma anche di votare contro qualsiasi emendamento e contro ogni altro tentativo di indebolire l’adozione di questo testo”.
Tutti i 28 paesi dell’Unione Europea hanno deciso di votare a favore della risoluzione, che non è vincolante (come la decina circa di risoluzioni contro Israele approvate dall’ONU quest’anno). L’approvazione dei governi europei è considerata essenziale per convincere la maggioranza dei 193 paesi.
Ecco in anteprima il testo della bozza. Questi sono i primi tre punti:
L’Assemblea Generale
- Condanna Hamas per il lancio ripetuto di missili su Israele e per l’incitamento alla violenza, che mettono a rischio i civili;
- Chiede che Hamas e le altre forze militari, incluso il Jihad islamico palestinese, cessino tutte le azioni provocatorie e le attività violente, incluso il lancio di congegni incendiari;
- Condanna l’uso di risorse da parte di Hamas a Gaza per costruire infrastrutture militari, inclusi i tunnel per infiltrarsi dentro Israele e l’equipaggiamento per lanciare razzi contro aree civili, quando invece le stesse risorse potrebbero essere usate per rispondere alle necessità critiche della popolazione civile.
Il lancio di congegni incendiari si riferisce agli aquiloni caricati con materiale infiammabile che Hamas usa per appiccare incendi nel territorio israeliano. La risoluzione, come si è detto, non è vincolante, ma per la prima volta mette in discussione il fatto che tutte le operazioni di Hamas siano protette in modo automatico dal diritto alla “resistenza”, spiega una fonte diplomatica al Foglio. Non ha conseguenze pratiche, ma ha un peso simbolico e cambia la prospettiva. Per questo il capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, in questi giorni è impegnato in una contromanovra diplomatica e ha contattato ministri degli Esteri e figure influenti per bloccare la risoluzione americana. Haniyeh ha chiamato il segretario generale della Lega Araba, Ahmed Aboul Gheit, il ministro degli Esteri del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman al Thani, e alcuni ufficiali di riferimento dei servizi segreti dell’Egitto (che spesso si occupano di mediare con il gruppo palestinese), secondo una dichiarazione pubblicata da Hamas sul proprio sito ufficiale.
L’ambasciatore israeliano all’ONU due giorni fa si è detto convinto che la risoluzione passerà, mentre gli Stati arabi sono intenzionati a chiedere che la soglia necessaria all’approvazione sia alzata, non più la maggioranza semplice ma più dei due terzi. L’ultimo scontro diretto tra Hamas e Israele risale al 12 novembre. Le forze speciali israeliane hanno tentato un raid dentro Gaza che è finito con la morte di sette uomini di Hamas, il gruppo ha risposto con il lancio di quasi 500 razzi contro le piccole città del sud di Israele, l’aviazione israeliana ha replicato con il bombardamento di circa settanta obiettivi. Entrambe le parti, tuttavia, non desiderano l’escalation militare anche perché non porta ad alcuna soluzione definitiva, come dimostrano i conflitti passati finiti sempre in uno stallo disastroso. Il governo di Gerusalemme non vuole occupare il territorio di Gaza, Hamas può lanciare moltissimi razzi per molti giorni, ma non può prevalere.
Caniele Raineri, “Il Foglio”.