Il servizio militare, se pur inteso come “dovere all’autodifesa”, diventa obbligatorio nelle zone amministrate autonomamente dai curdi e dai loro alleati nel nord e nell’est della Siria. Ora anche formalmente, con un testo di legge.
Date le innegabili analogie tra l’applicazione del confederalismo democratico in Rojava e le collettivizzazioni di Aragona e Catalunya del ‘36-’37 – così come tra le milizie libertarie legate alla FAI, alla CNT e al POUM e le YPG – sarà inevitabile che qualcuno intraveda in questo una deriva di tipo militarista, di “Stato”. Così come il fatto che sia obbligatorio per gli uomini (dai 18 ai 40 anni per un anno, un solo figlio per famiglia) e solo volontario per le donne evoca inevitabilmente un’altra analogia con la militarizzazione delle milizie e delle brigate internazionali (i repubblicani antifranchisti) durante la Guerra Civile di Spagna.
Ma forse, almeno per ora, sarebbe meglio andare cauti. Per certi aspetti tale decisione fornisce comunque un’alternativa al servizio militare nell’esercito arabo siriano, quello governativo. Alquanto preferibile – stando ai commenti degli interessati – sia per le condizioni in cui si svolge, sia per la durata. Per cui, nonostante i comprensibili e diffusi malumori nei confronti della novità, chi ha la possibilità di scegliere tra il servizio militare nelle FDS e quello nell’esercito siriano di Assad opta sicuramente per le prime.
Molteplici le possibili eccezioni. Sono esentate le famiglie che hanno perso un loro membro combattendo durante la guerra, gli studenti, i giovani senza famiglia, coloro che hanno un fratello o una sorella rimasti feriti o con un handicap. E anche chi ha un parente che combatte nelle altre formazioni, quelle costituite da volontari come le YPG (unità di protezione del popolo) e le YPJ (unità di protezione delle donne). Questo affinché le famiglie non si ritrovino in situazioni difficili, sia economicamente sia a livello di assistenza.
L’arruolamento per l’autodifesa non comporta poi, non necessariamente, di dover raggiungere le prime linee. Dopo un corso di formazione, sia militare sia politica, i coscritti vengono in genere assegnati a posti di controllo sulle strade e forniscono sostegno logistico (la “seconda linea”) alle YPG e alle altre formazioni combattenti volontarie.
Dal testo della legge si ricava che le amministrazioni regionali decentralizzate mantengono la loro autonomia, sia nell’applicazione di questa legge, sia nei riguardi delle persone che chiamano in servizio. Inoltre la coscrizione per ora non si effettua nelle zone a maggioranza araba, quelle liberate in tempi recenti dal giogo dell’ISIS (Raqqa, Deir-ez-Zor e Tabqua). Così da consentire alle sfiancate popolazioni di riprendersi dalle conseguenze del conflitto e avere il tempo di costruire rapporti di fiducia reciproca con le FDS (forze democratiche siriane) e con l’amministrazione autonoma. Va comunque segnalato che, nonostante la difficile situazione economica, molti giovani di queste aree si sono già integrati su base volontaria nelle FDS.
Tra le maggiori critiche all’arruolamento obbligatorio, il fatto che i giovani debbano prestare servizio in zone lontane dai loro villaggi. Soprattutto quelli provenienti dalle zone di frontiera che sono stati inviati a Raqqa e a Deir-ez-Zor, aree rese particolarmente insicure proprio dalla mancata applicazione della coscrizione a livello locale.