L’otto luglio, l’eurodeputato Carles Puigdemont ha invitato la cancelliere tedesca Angela Merkel, nuova presidente del Consiglio Europeo, a insistere sul rispetto dei diritti fondamentalui nei Paesi in cui vengono violentati, come è il caso della Spagna. La cancelliera ha risposto che lo Stato di diritto deve essere rispettato e che è preoccupata per la situazione in Ungheria. Non una parola sulla Spagna.
Curioso oblio, se si tiene conto che Madrid tutt’oggi detiene nove persone come prigionieri politici, condannati a complessivi cento anni di carcere per aver organizzato, il 1° ottobre 2017, un referendum pacifico sull’indipendenza della Catalogna. Tra i detenuti ci sono rappresentanti di organizzazioni civili, il presidente del parlamento catalano e membri del governo catalano. Il gruppo di lavoro dell’ONU sulla detenzione arbitraria ha deciso che la Spagna dovrebbe liberare i prigionieri politici catalani, poiché essi non hanno fatto altro che esercitare il loro diritto di contestazione pacifica attraverso la disobbedienza civile. Amnesty International ha chiesto specificamente (ed esplicitamente) la liberazione dei due leader della società civile imprigionati, Jordi Sànchez e Jordi Cuixart.
Carles Puigdemont, l’allora presidente del governo catalano che ha organizzato il referendum, sarebbe oggi in prigione a sua volta se non fosse andato in esilio con una parte del suo governo. Non che la Spagna non abbia tentato di catturarlo: ha semplicemente incontrato l’opposizione di un giudice tedesco che si è rifiutato di estradarlo, valutando il referendum del 1° ottobre come un esercizio dei diritti fondamentali.
Quando Puigdemont e due compagni di esilio hanno guadagnato i loro seggi al parlamento europeo, hanno dovuto aspettare sei mesi prima di poterci mettere piede. La commissione elettorale spagnola aveva chiesto loro di recarsi a Madrid per completare una procedura, ben sapendo che nel momento stesso in cui avessero messo piede in Spagna li avrebbero arrestati. Come spiega l’avvocato di Puigdemont, Gonzalo Boye, la polizia spagnola aveva addirittura previsto di rapirli se si fossero recati a Strasburgo il giorno stesso della costituzione del Parlamento. Sei mesi dopo quel tentativo di rapimento, la corte di giustizia europea ha stabilito che i parlamentari sono eletti dai loro elettori e non dai consigli elettorali. Ora, i rappresentanti eletti catalani godono dell’immunità parlamentare in tutta Europa, tranne che in Spagna che mantiene il mandato di arresto, ignorando i loro diritti come eurodeputati.
Quindi, signora Merkel, se vuole proteggere lo Stato di diritto nell’UE, dovrebbe essere molto preoccupata per le violazioni dei diritti fondamentali della minoranza catalana da parte della Spagna: perché i diritti fondamentali, o varranno per tutti i cittadini europei, o non varranno per nessuno.
Emma Cegé, Barcellona.