Oropa, anzi “Urupa” fu davvero un centro spirituale degli antichi abitanti delle Alpi, strettamente affini con quelli dei Pirenei da cui in tempi lontani s’irradiò l’originaria cultura europea che precedette la colonizzazione degli invasori indo-europei.
Ho già segnalato nel libro I misteri delle Alpi biellesi la singolare assonanza fra il nome del monte Mars che sovrasta e protegge la conca d’Urupa e la divinità basca di “Mari” che giganteggia nella religione tradizionale basca assieme al suo compagno “Maju”.
C’è solo da aggiungere che nell’umanizzazione fatta dal leggendario basco, Mari appare come una donna elegantemente vestita con in mano un palazzo d’oro e che la sua reggia terrena sarebbe in una caverna sul monte Muru nei pressi di Orozko. Anche la Madonna d’Urupa ha in mano un frutto dorato e viene venerata accanto ad una balma scura. Si credeva inoltre che la divinità basca avesse le estremità inferiori simili a quelle delle capre così come le fate della nostra val dl’Elf hanno i piedi d’oca. Mentre “Maja” è la personificazione della Terra e padrona degli elementi oltre che dominatrice delle forze telluriche, un’altra antica divinità basca prende il nome di “Aherbelste” che in lingua euskera significa “la pietra nera” ed il culto di questo masso magico avveniva a Saint-Aventin dove è stato edificato un santuario alla Madonna Nera.
La processione che da Fontainemore nella vicina valle del Lys sale ogni cinque anni in piena estate verso Urupa si configura come un rito a forte impronta etnica che affonda radici in una non perduta identità “garalditana”.
Il lungo percorso votivo si snoda dalla borgata du Pillaz, sale sotto il sacro Mars, giunge poco prima dell’alba al col della Balma. Poi, quando i fedeli, organizzati dai “bastonai”, sono di fronte all’ingresso della basilica eretta a ridosso d’un grande masso erratico si chinano a due a due a baciare la soglia, sacralizzando il luogo, prima ancora di venerare la statua nera.
Ha dunque ben ragione Chiara Minelli quando ricorda che “alcuni studiosi collocano l’origine di Oropa all’interno di un processo di cristianizzazione ad opera di sant’Eusebio, di un antico luogo sacro fondato sul culto litico della ‘barma’ di Oropa, una caverna formata da massi erratici che costituisce un menhir naturale. Lo scopo era quello di inscrivere nel cristianesimo un culto pagano: la località non è quindi sacra a causa del Santuario, è la santità del luogo che ha fatto sorgere il Santuario stesso”.
Perciò, come ha scritto don Angelo Bessone, il corteo devozionale che sale dalla valle del Lys così come quelli di altre località biellesi potrebbero davvero essere “un antico lembo di religione naturale che si è protratto fino a noi. I contenuti cristiani infatti, come l’eucarestia, la penitenza, la predicazione corale fanno presa sul popolo perché celebrati nel ‘Santo Luogo’ in connessione con l’immagine taumaturgica”.
Del resto, fuori dal recinto della basilica resiste ad ogni tentativo di rimozione il rito propiziatorio della maternità che ancora si pratica al “Ròch dla vita”, abilmente camuffato con la cappella dedicata a Sant’Eusebio mentre nasconde la statua mariana.
Come ben notava Michele Blonda sull’“Illustrazione Biellese” del 1935, la devozione dei fedeli della val del Lys si indirizzava soprattutto verso il magico “Ròch”.
Nel Seicento “lo stesso popolo di Fontanamora e dei paesi contermini, scampato ad una spaventosa alluvione, eresse a Oropa la Cappella del Sasso racchiudente le due rocce che prime offersero albergo alla statua di Maria portata da Eusebio, e che, con un terzo scheggione rimasto in parte fuor del tempietto, componevano il rupestre triadico sacrario celtico” e non per caso proprio questo dèiro magico e la cappella cristiana che lo imprigiona erano “frequentemente visitate dalle spose sterili invocanti il dono della fecondità”.
Le madonne nere più note del Piemonte come Urupa e Crea sarebbero statue salvate dalla furia degli ariani da sant’Eusebio ma è lecito pensare che questi manufatti fossero stati collocati in località dove rimanevano forti e vivi dei culti particolari a delle divinità pagane raffigurate in sembianze umane, protettrici della maternità, dispensatrici di grazie.
Questo dedicato alla religiosità cristiana e precristiana di Oropa è solo uno dei numerosi capitoli del volume I segreti dei paesi biellesi di Roberto Gremmo, preziosa raccolta di curiosità etnografiche appena pubblicata dalle edizioni Ieri e Oggi. Decine le località di questo territorio misterioso che hanno qualcosa da raccontare, dai riti celtici alle masche inseguite dall’Inquisizione, dalle pietre sacre della preistoria ai legami suggestivi tra la toponomastica alpino-piemontese e quella basca. Storia, archeologia e leggende si fondono nell’atmosfera di un paesaggio fatato, tra torrenti auriferi, massi erratici e tane di elfi, all’ombra cupa delle montagne che culminano nella vetta del Mars, sacra agli antenati dei biellesi e dei valdostani.
Roberto Gremmo, I segreti dei paesi biellesi, Ieri e Oggi, Biella 2020.
Per informazioni, 015351006.