Ovviamente non ci auguriamo la morte di nessuno; tantomeno di poveri cristi in divisa – non sappiamo se volontari o di leva – che magari della questione curda ne capivano poco o nulla. Soltanto le bugie della propaganda di Stato. Poveri cristi che, è scontato, adesso verranno pianti dalle loro famiglie.
Quindi nessun commento tipo “chi semina vento raccoglie tempesta”. Anche perché coloro che han versato odio, razzismo e intolleranza nei confronti dei curdi sono gli attuali detentori del potere di Ankara. Non la “mano d’opera”, la manovalanza utilizzata. È pacifico che questo episodio contribuirà ad alimentare ulteriormente la spirale dell’odio mettendo in sordina la possibilità di una dignitosa soluzione politica del conflitto.
Stando alle notizie di agenzia, il 25 luglio cinque soldati turchi sono morti (e una decina feriti) ad Afrin in seguito all’esplosione di un ordigno telecomandato. A rivendicare l’attacco, le Forze di liberazione di Afrin (HRE – Hêzên Rizgariya Efrînê) che hanno anche diffuso un video dell’esplosione. In questo modo, sostengono, hanno voluto vendicare l’oltraggio, la profanazione delle tombe dei militanti curdi per mano delle bande islamiste alleate della Turchia.
I soldati viaggiavano su un mezzo blindato (BMC Kirpi) sulla strada tra Mereske e Meryemine nel distretto di Shera.
Ormai dal marzo 2018 Afrin si trova sotto l’occupazione turca. Recentemente, in luglio, soldati e miliziani filoturchi avevano distrutto il cimitero di Sehid Vesta prelevando dalle tombe i resti di civili curdi e combattenti delle YPG/YPJ e delle FDS (Forze democratiche siriane) caduti per difendere la città.
Spregiudicatamente il governo turco aveva divulgato la notizia (e le immagini) falsificandola: raccontando, cioè, che i cadaveri provenivano da una fossa comune riempita con persone giustiziate dai combattenti curdi. Ovviamente si trattava di un falso, presto smascherato con documenti e testimonianze da parte di varie associazione e istituzioni che operano nel Nord-Est siriano.
A questo oltraggio – e al successivo tentativo di attribuire ai curdi la responsabilità delle vittime – le HRE hanno creduto di dover rispondere.