Dopo la tradizionale cerimonia del Rāhiri, durante la quale giuria si presenta e i rappresentanti dei vari gruppi si sottomettono al suo giudizio, deponendo foglie di banano in segno di pace, la Heiva I Tahiti 2017 ha ufficialmente inizio.
Quest’anno la cerimonia d’inizio è stata eseguita con la coreografia di Moana’ura Tehei’ura, geniale artista polinesiano, nonché vicepresidente della giuria: la sua firma ha fatto la differenza per questa superba celebrazione. Durante il Rāhiri hanno ballato gli “esclusi” dalla Heiva, i ballerini che avrebbero dovuto partire in tournée a Dubai.
In questa prima serata si sono esibiti tre cori, Tamari’i Pereaitu in Tarava Tuha’a Pae, O Faa’a in Tarava Raromata’i e Reo Papara in Tarava Tahiti, diverse categorie che si differenziano per sonorità e cadenza.
Qualche piccola defaillance durante gli ‘Ūtē Paripari, immediatamente ricompensata dai caldi applausi di sostegno: in Polinesia i più deboli vengono sempre sostenuti!
Due gruppi di danza, Tamariki Teavaroa, gruppo puamotu (dell’arcipelago delle Tuamotu) in categoria Hura Ava Tau, dilettanti, e Teva I Tai, in arrivo dalla parte più remota dell’isola di Tahiti in categoria Hura Tau, professionisti.
Nel loro canto, i Tamari’i Pereaitu raccontano perché Tahiti era chiamata “grande pesce”. Era credenza che sull’isola si trovassero pietre-pesce magiche un po’ ovunque; servivano ad attirare i tonni di tutte le varietà: il pererau, dalle pinne gialle, il taria, tonno bianco, tātumu, il tonno obeso e il rarahi, il tonno rosso. I grandi sacerdoti conoscevano bene la stagione dei pesci e giravano la pietra per attirarli verso terra. A Pā’ea si trovava una pietra-pesce magica chiamata Pārutu, molto antica, posata sul grande marae frequentato dai pescatori. La pietra-pesce magica è come un’amante, ha la proprietà di attirare: quando i banchi di pesci arrivano, vengono istintivamente attirati dalle sue onde.
Esiste un parallelismo con la religione cristiana. Nella Bibbia, secondo alcune ricerche, il popolo d’Israele era il pesce-pietra magico. I discendenti di Nun, che significa pesce, liberati dalla schiavitù in Egitto, vennero portati nella “terra promessa” dove regnava l’abbondanza. I cristiani erano il pesce-pietra-magico, agli inizi il loro simbolo segreto era il pesce. Gesù era il pesce-Cristo, il pesce dalle lunghe gambe e Simone era la sua pietra, pescatore di uomini. Considerando le varie credenze, tutti sono pesci dello stesso oceano, tutti sono credenti dello stesso culto, tutti sono servitori dello stesso unico dio. Per finire con l’esortazione: alzati popolo Mā’ohi segui la luce, l’oceano si estende davanti a te!
I puamotu (cioè abitanti delle Tuamotu) Tamariki Teavaroa hanno come tema To’u Vahitura’a, La Mia Identità, che può essere riassunto in queste frasi: “Ho una terra, ho una lingua, ho una tradizione, sono radicato nella mia terra d’origine e so da dove vengo”.
Della creazione del mondo viene proposta la scena del pilastro Vahitu, eretto per separare la fondazione profonda della terra dal cielo. Quattro sono gli dèi che hanno fatto nascere l’isola di Takaroa: papa Heuea, il dio delle fondamenta, papa Henua, il dio che ricopre lo zoccolo della terra, papa Tukia, dio del mare e papa Riri, dio della natura e di ogni cosa spunti sulla terra.
Che l’eroe Moeava, il primo arrivato in piroga con il suo popolo per popolare le isole polinesiane, sia il nostro ideale, per proteggere il popolo e la terra Mā’ohi affinché nulla possa rompere il sacro legame che ci unisce.
Il gruppo O Faa’a ci canta dell’acqua, sorgente di vita che pulisce la terra, che dà la vita al popolo Mā’ohi, che innaffia la terra e rinverdisce la natura. Smettiamo di inquinare, di pensare solo a noi stessi, spetta a te prenderti cura della terra per le generazioni future! Se non facciamo nulla, cosa sarà di loro domani? Non dimentichiamo di appartenere a un popolo che ha una tradizione e una lingua, quella del popolo Mā’ohi.
Questo tema è in linea con la campagna svolta dal comune di Faa’a grazie al suo sindaco Oscar Temaru, sull’uso dell’acqua e lo smaltimento dei rifiuti domestici. Faa’a è il comune più popoloso della Polinesia francese, il più popolare, il più Mā’ohi.
I Teva I Tai ci narrano di Rēhia e della sua sposa Huauri che vivevano nella valle Ata’aroa di Vaitepiha. In stato interessante, Huauri ha voglia di mangiare del uhi (igname, Dioscorea batatas, pianta erbacea originaria dell’Asia centrale che viene coltivata per i suoi tuberi ricchi di amido, usati come alimento). Rēhia si reca nel fondo della vallata a cercarlo, ma due streghe malvagie che ci vivevano lo uccidono. Huauri resta sola fino alla nascita del figlio, che affida agli dèi appena nato, avvolgendolo in foglie di ‘autī tanto da renderlo simile ad una palla. Gli dèi lo portano a Ta’aroa (il dio supremo, creatore dell’universo) che lo mette in una zucca, dentro la quale crescerà. Una volta diventato grande e forte, Ta’aroa rivela a Pa’i chi fossero i suoi genitori; ritorna a Ata’aroa e scopre che le due streghe avevano ucciso suo padre.
Pa’i si reca nella vallata, uccide le due streghe e si fabbrica una lancia con del fau-pūrau (Hibiscus tiliaceus) e ricava la punta dalle ossa delle megere. Chiama la sua lancia Rufamutu. Per ben equilibrarla la scaglia verso il fondo della valle e perfora Vaiami; al secondo tiro, la lancia si pianta a Tata’a. Da Tata’a, dove ancora oggi si può vedere l’impronta del suo piede, la lancia e fora un’altra montagna che da allora si chiamerà Mou’a Puta, la montagna ferita. Pa’i scaglia così forte la sua lancia che atterra a Ra’iātea.
Pa’i è figlio di esseri umani, poiché si preoccupa della loro sorte, ma ha la potenza degli dèi presso i quali è cresciuto. Questa leggenda ci ricorda che dobbiamo rendere omaggio ai nostri vecchi, difendere la loro memoria e batterci per conservare quello che ci hanno lasciato in eredità.