Mentre il dibattito su quale sia o dovrebbe essere il rapporto corretto (?!?) con il continente africano rimane sostanzialmente intriso, o di volgare e più o meno malcelato razzismo, o di paternalismo buonista, e mentre ci si interroga su chi sia più “colonialista” (i francesi, gli usa, o le new entry cinesi, russe o saudite), da qualche parte un popolo oppresso e colonizzato – prima dalla Spagna, ora dal Marocco – resiste. E lo fa smascherando l’ipocrisia di chi sotto la foglia di fico di una “soluzione politica” fasulla e inconsistente contribuisce a prolungarne l’oppressione.
Un passo indietro.
Nel dicembre 2022 il Qatar-gate e il suo corollario, il Marocco-gate, scombinavano ulteriormente le carte. Ma questo non impediva che ai primi di gennaio Josep Borrel, nell’incontro con il ministro degli Esteri marocchino Naser Burita, proponesse l’ennesima “soluzione politica” calata dall’alto della questione Sahara Occidentale. Anche senza prendere esplicitamente posizione a favore di una delle due alternative in campo – quella del referendum di autodeterminazione sostenuta dal Polisario o quella del “piano per l’autonomia” proposta dal Marocco – Borrel mostrava comunque apprezzamento per “la serietà e credibilità” dei negoziati tra Rabat e Staffan de Mistura. Per giungere ad un accordo “realista, pragmatico e accettabile da entrambe le parti”.
Nel frattempo, come è noto, Madrid aveva gettato alle ortiche la sua posizione tradizionale di neutralità nel conflitto tra l’ex colonia e lo Stato occupante, schierandosi di fatto con il Marocco e definendone la proposta come “seria e credibile”.
Ong in azione
Del Qatar-gate magari non abbastanza, ma se ne è comunque parlato; forse un po’ meno del Marocco-gate, chissà perché. Eppure la lista degli “insospettabili” coinvolti è lunga e variagata: dai think tank alle fondazioni, dai centri culturali (in genere finanziati o comunque promossi da qualche governo) agli ambasciatori e deputati europei…
Resta il fatto che la principale vittima del “network di Mohammed VI a Bruxelles” sembra proprio essere stato il popolo sahrawi.
È quanto si deduce anche da un recente comunicato del fronte Polisario, emesso proprio a Bruxelles, con cui viene contestato un rapporto della commissione europea. Rapporto che dava una valutazione alquanto positiva dell’accordo tra Unione Europea e Marocco per le “province meridionali”; ossia per il Sahara Occidentale (l’ex Sahara Spagnolo), territorio rivendicato dagli indipendentisti come Repubblica Araba Democratica dei Sahrawi.
Per il Polisario tale rapporto della commissione europea sancisce “l’accelerazione del saccheggio delle ricchezze saharawi”. Viene dato infatti particolare risalto al fatto che numerosi attori economici e rappresentanti della società civile, comprese alcune ong che operano nel campo dei diritti umani (oddio! non si starà mica parlando della Fight Impunity di Panzeri & C? o dell’ituc, vedi Luca Visentini? o magari di No Peace Without Justice?) avevano valutato molto positivamente tali accordi. Per “il loro soddisfacente lavoro di attuazione e il loro impatto positivo sulla società e sviluppo economico del Sahara”.
Sostenendo, sempre nel rapporto ue, che “l’attuazione degli accordi procede in modo equilibrato mentre i giusti meccanismi di attuazione sono ancora in atto e funzionano correttamente”.
E la commissione europea proseguiva imperterrita affermando che “lo scambio di informazioni è stato effettuato su base regolare e in uno spirito di cooperazione. Il sistema di scambio fornisce mensilmente informazioni sull’esportazione dei prodotti, funziona bene e non ha creato difficoltà nella ricerca”… Per concludere senza remore che “grazie alla crescita che stanno vivendo, le regioni del Sahara marocchino sono oggi diventate un vero e proprio centro di prosperità e investimenti nel quadro del partenariato vantaggioso per tutti, con l’Unione Europea”.
In sostanza, una pietra tombale sulle aspirazione all’autodeterminazione dei sahrawi.
Nel suo comunicato il fronte Polisario ha denunciato con forza “l’assenza di consenso da parte del popolo sahrawi a tali accordi”, avvertendo che metterà in campo ogni sforzo possibile (anche davanti alla corte europea) per “porre fine alle ingerenze europee nella realizzazione del diritto all’autodeterminazione e all’indipendenza”.