Qualche tempo fa avevo scritto un articolo in cui, tra le altre cose, parlavo anche della schizofrenia albanese. Sostenevo che gli albanesi continuano ancora oggi, come ai tempi della propaganda comunista, a vivere in modo schizofrenico tra due mondi: quello dell’esaltazione dei loro eroi e quello della maledizione dell’attuale stato di miseria, che è conseguenza di quegli stessi miti. Quella volta mi riferivo agli eroi dell’UÇK 1) che governavano il Kosovo contro gli albanesi, e nelle molte critiche ricevute venivo accusato di essere anti-albanese al punto da arrivare a insultare gli albanesi descrivendoli come dei malati mentali. In realtà, l’uso del termine “schizofrenia” non ha solo l’accezione psichiatrica, ma anche quella della coesistenza di elementi incompatibili e contraddittori in una stessa realtà, in un libro, in una politica, in un articolo, in un discorso o in un pensiero. Parola quindi usata per esprimere con maggiore potenza quello che in parole più miti si potrebbe definire “contraddittorio” o “incoerente”.
Ho qui l’occasione di tornare ancora una volta sul termine che avevo utilizzato allora. Mentre il Paese si trova a fronteggiare una delle alluvioni più violente della sua storia (a causa dei gravi abusi perpetrati in questo ventennio sul territorio), mentre in Albania la criminalità avanza fino a coinvolgere gli affari della famiglia del ministro dell’Ordine pubblico, mentre la crisi economica dilaga, in relazione anche alla crisi in Grecia e in Italia, mentre gli albanesi lasciano il Paese con ritmi che non si verificavano da anni, nei media nostrani ho visto esaltare un articolo di Roberto Saviano, in cui l’autore di Gomorra ripropone un ritornello recentemente molto in voga nei media italiani. Una cantilena sull’Albania che cambia, un Paese che oggi non è più sinonimo di persone in fuga, ma patria di albanesi che ritornano e di italiani che arrivano. 2)
A lasciare senza parole, più che l’Albania descritta da Saviano, è la reazione in rete degli albanesi, felici che finalmente all’estero si parli bene dell’Albania e orgogliosi di essere rappresentati dignitosamente dal loro Primo Ministro, quasi fossero essi stessi convinti che sia tutto vero. Mi sono allora domandato: ma non sono i medesimi che si lamentano senza tregua della situazione del Paese? Ecco, è a questo tipo di schizofrenia che mi riferivo.
Schizofrenia naturale o male culturale? Io credo che fino a un certo punto sia naturale, considerato che in quanto esseri umani siamo costretti a vivere molte contraddizioni, tra cui una delle più potenti è proprio quella tra il reale e l’ideale, tra i desideri sconfinati e le limitate possibilità di realizzarli. Ma intelligenza, istruzione e cultura prima, politica e giornalismo poi, ci soccorrono per distinguere le differenze tra queste condizioni e per trovare il modo di vivere queste contraddizioni nel modo più sano possibile. Al contrario, noto invece come una cultura perversa del fare politica e giornalismo stia cercando di storpiare e abusare di queste contraddizioni umane. La politica albanese cerca di manipolare i cittadini attraverso i media internazionali, sfruttando le debolezze di persone che per stare meglio hanno bisogno di autocompiacersi, spesso all’interno di quel complesso di inferiorità che cerca conferme nell’attenzione degli stranieri. Il tutto anche per vendere all’estero questa realtà come una sorta di paradiso e per fare poi di questi articoli e reportage la superficie su cui invitare i cittadini a specchiarsi. Nonché per legittimare il potere e gli autori di un paradiso che in realtà è un inferno. In questo modo, chi non può contare sull’indipendenza di pensiero, rimane suggestionato dall’autorevolezza degli stranieri, riconoscendo nel proprio Paese paradiso e inferno nel contempo; passando dall’uno all’altro senza riuscire a capire né dove stia l’inganno, né di chi sia opera.
Tale manipolazione, in particolare in sintonia con i media italiani, è pesantemente in atto da qualche tempo. Una volta, a Bari, due giornalisti mi hanno fatto quella che più che una domanda era un’affermazione: “Potrebbe cortesemente illustrarci questo miracolo albanese: ora non sono più gli albanesi a lasciare il Paese ma gli italiani ad andare in Albania”. Chiaramente rimasi basito. Mi venne in mente il film di Amelio di qualche anno fa che finisce con il protagonista italiano che trova lavoro in Albania. Allora ho fatto notare ai giornalisti che forse avevano preso troppo sul serio l’ironia del regista, incentrata sulla difficile situazione italiana. Ma non molto tempo dopo ho visto un’intera pagina di “Repubblica” sullo stesso tema, con l’intervista a un albanese di successo, rientrato in patria per aprirvi un call center.
Ancora, una giornalista di Rai 2 non tardò a piombare un giorno a casa mia, dicendomi di essere venuta per immortalare l’Albania in cui da qualche tempo facevano ritorno gli albanesi, e ora anche gli italiani. Alla domanda su chi fossero queste imprese italiane che avevano da prima cercato e poi trovato cotanta fortuna in Albania, non seppe che nominare il caso del famoso call center. Come se quel lavoro dove i ragazzi sono rinchiusi come i polli nelle incubatrici, a fare telefonate assurde per otto ore al giorno e due-trecento euro al mese, avesse qualcosa anche di minimamente dignitoso.
Trovo normale, anzi simpatico, che ci siano italiani dimentichi del razzismo che ancora oggi impregna il giudizio sull’Albania, ma un maggiore senso della realtà è dovuto, e questi giornalisti non possono permettersi di raggirare i loro connazionali, senza considerare, per giunta, che forse sono loro stessi a essere manipolati per abbindolare gli albanesi.
L’uscita del Primo Ministro albanese Rama su La 7, in un programma che voleva presentare l’Albania come il paradiso degli italiani, è l’apice di questa politica della schizofrenia. Ascoltando Edi Rama è impossibile non pensare alla schizofrenia albanese: è la stessa persona che appena diciotto mesi fa parlava dell’Albania della miseria, della povertà, della disoccupazione, della corruzione, dell’ingiustizia, del clientelismo del sistema che corrompe anche i tedeschi, figuriamoci poi gli albanesi; insomma, è riuscito a dire di tutto, ed è da ottusi pensare che l’Albania sia diventata un paradiso per gli italiani in questo anno e mezzo in cui sono stati sospesi anche gli investimenti perché – come ha ricordato lo stesso premier – prima era necessario estinguere i debiti. Perché quell’albanese di successo del call center non è tornato in Albania ai tempi di Rama, ma in quelli della miseria. Gli stessi anni in cui è stato girato anche il film di Amelio. Ma, guarda caso, neanche l’opposizione si è preoccupata di intervenire per chiedere al Primo Ministro perché, invece di farsi il mazzo in ufficio, sia sempre in volo da un Paese all’altro per promuovere l’Albania, neanche fosse la sua ultima creazione artistica. Magari perché dobbiamo essere tutti felici dell’immagine dell’Albania all’estero. E se qualcuno la pensa diversamente, si fa presto ad additarlo come anti-albanese. Ecco, è questa la schizofrenia.
Qualcuno può pensare che il premier si adoperi in questo modo per richiamare gli investitori italiani, ma dubito che un italiano decida di venire a investire in Albania vedendo una trasmissione televisiva. Un imprenditore decide di investire dopo avere messo piede sul territorio; e, a meno che non sia un mafioso – come purtroppo lo sono stati molti italiani che hanno investito in Albania – ci penserà due volte prima di investire in un Paese ancora quotidianamente afflitto dalla criminalità.
Di base, sono convinto che a sfornare questa immagine illusoria dell’Albania non siano le cucine mediatiche italiane, ma piuttosto quelle di Tirana in accordo con il pessimo giornalismo italiano (forse anche con l’Ambasciata d’Italia a Tirana). Questa manipolazione attraverso la ricopertura dell’Albania reale con la foglia di fico dipinta dai media stranieri coincide con l’insediamento al potere di un nuovo governo, con a capo un genio della manipolazione mediatica, che ha alle spalle un apparato propagandistico (oggi ci ostiniamo a chiamarlo network) che proprio per questo lavora e viene ricompensato. E lo scopo di questo lavoro, come dicevo, non è quello di richiamare investitori, ma di manipolare, stordire, far perdere ai cittadini il senso della realtà, il loro pensiero critico. Perché questo lavoro serve al potere, non solo per ampliare prestigio e autorità sui cittadini, ma anche per delegittimare la critica interna, già estremamente debole a causa di un’opposizione screditata, di media e di società civile che sono, per lo più, fedelissimi clienti del potere.
N O T E
1) Ushtria Çlirimtare e Kosovës è l’esercito di liberazione del Kosovo, un’organizzazione terroristica e criminale.
2) Roberto Saviano, Albanesi alla riscossa, “L’Espresso” del 13 febbraio 2015. Qualche passo:
“Vale la pena abbandonare la strada del gossip più improduttivo e cercare la spiegazione altrove, magari proprio nella crescita economica dell’Albania cui l’Italia dovrebbe smettere di guardare come a una sorella minore, sfortunata e povera, che non potrà mai abbandonare quel suo triste ruolo di subalternità. In Albania si investe oggi perché è un Paese che offre opportunità che l’Italia non dà e che in prospettiva non riuscirà a dare. In Albania si investe perché è una scommessa che si spera di vincere, perché se è vero che è un Paese corroso dalla corruzione e dalla criminalità organizzata, se è vero che la giustizia ha enormi problemi, ciò su cui non possiamo più mostrarci ciechi è che questi problemi li viviamo anche qui da noi. Quindi fare impresa in un Paese che ha una tassa sugli utili del 15% è sicuramente per alcuni un rischio che vale la pena correre”.
“Ora guardo all’Albania, un Paese in crescita, candidato a entrare nell’Unione Europea, un Paese da cui ancora si parte per raggiungere l’altra sponda dell’Adriatico, ma ora rispetto al passato sempre più spesso per studiare. Per studiare e per poi tornare in patria, tanto all’Italia è rimasto davvero poco da offrire”.
L’articolo di Fatos Lubonja – scrittore e intellettuale albanese – è stato pubblicato originariamente dalla testata albanese “Panorama” con il titolo Skizofrenia shqiptare dhe Rama ne La7. La traduzione in italiano è di Erion Gjatolli per l’Osservatorio Balcani e Caucaso.