L’irlandese può essere definito come una lingua minoritaria privilegiata: due aggettivi la cui apparente contraddizione riassume la complessità dell’attuale società dell’Eire. Mentre l’irlandese è privilegiato in quanto prima lingua ufficiale della repubblica, soprattutto nell’àmbito della vita pubblica e del sistema educativo, per molti altri aspetti della vita quotidiana, compresi gli affari e i media, risulta minoritario di fronte al dominio dell’inglese.
La politica ufficiale in materia di istruzione, media e settore pubblico può essere vista come un chiaro esempio di “pianificazione linguistica al servizio della costruzione della nazione” (Wright) e come tentativo di cambiare un regime linguistico esistente, ovvero il predominio dell’inglese. Di conseguenza, l’irlandese viene insegnato come materia obbligatoria alla maggior parte dei bambini durante il periodo della scuola dell’obbligo.
Tuttavia, questa politica didattica non ha portato a uno spostamento diffuso verso la lingua etnica, e in effetti sono in molti a dichiarare di non parlare irlandese quando lasciano la scuola. Ciò è confermato da recenti dati statistici, i quali mostrano come un numero assai rilevante di fruitori quotidiani del gaelico siano in effetti studenti.
Le iniziative politiche e i progetti linguistici relativi all’irlandese sono tuttavia gravati da un conflitto tra le azioni volte a diffonderne la conoscenza per invertire il suo status, e il tentativo di garantire i diritti di coloro i quali parlano il gaelico come prima lingua o la usano come strumento prevalente nella vita quotidiana (qualcuno li ha definiti “parlanti per scelta” poiché di fatto non esistono irlandofoni monolingui). Il primo caso riecheggia una precedente fase modernista delle politiche linguistiche, mentre il secondo riflette una nozione più contemporanea (persino postmoderna) di tali politiche, rispettosa dei diritti individuali e incline a riconoscere le diversità all’interno della comunità dei parlanti; seppure in termini di un linguaggio piuttosto che un altro, ovvero monolinguismi paralleli o bilinguismo “equilibrato” piuttosto che pratiche ibride. Mentre le linee guida dei media concepiscono il contesto bilingue soprattutto come coesistenza di lingue, una serie di nuove metodologie stanno sfidando tale visione, favorendo un concetto più elastico delle audience in un contesto mediatico minoritario.
Queste nuove iniziative, basate su pratiche eteroglossiche e attraenti per chi parla in modo non fluente una seconda lingua, rappresentano un cambiamento nelle nozioni di normatività nei media linguistici minoritari. La creazione nel 1996 dell’emittente televisiva in lingua irlandese TG4 si è rivelata uno strumento chiave negli ultimi 20 anni di politica e pianificazione linguistica. Fatto fondamentale, TG4 si è presentata sin dall’inizio come una tv di svago e di relax piuttosto che come una sentinella contro le minacce di estinzione, con i relativi obiettivi di salvare la lingua irlandese o il modello nazionalista culturale: quelli cioè che hanno dominato i media in gaelico sin dalla fondazione dello Stato. L’emittente ha invece scelto di “indigenizzare” i format internazionali, utilizzando sottotitoli in lingua inglese per la maggior parte della programmazione in prima serata, trasmettendo in inglese pubblicità e programmi fuori dalla prima serata, doppiando produzioni globali (per esempio i cartoni animati) in irlandese e proponendo un ricco repertorio basato su mescolanze linguistiche.
Tematizzare l’irlandese nei media comporta l’applicazione delle ideologie linguistiche che riflettono tutta questa complessità, un intreccio tra “superiorità” (l’irlandese ci rende diversi) e “inferiorità” (l’irlandese non è una vera lingua adatta al mondo reale), sempre collegato a un discorso sulla minaccia alla lingua e uno sulla competenza nel parlarla. Il discorso sulla competenza è inevitabile in un contesto in cui la proprietà di espressione e l’autorevolezza hanno più a che fare con la scioltezza che con l’etnia, la collocazione geografica, eccetera (anche malgrado l’esistenza di aree ufficialmente bilingui: il cosiddetto Gaeltacht), poiché l’irlandese è costruito come lingua nazionale “appartenente” a tutti in Irlanda piuttosto che a una minoranza etnica o linguistica riconoscibile.