Nelle isole polinesiane le tradizioni vengono tramandate in maniera viva e vivace, gli anziani raccontano le leggende ai bimbi, che le danzano mentre gli adulti le cantano accompagnati da vari strumenti.
Il primo cittadino del remoto atollo di Amanu ha voluto accogliere i passeggeri dell’Aranui 5, il cargo misto su cui ero imbarcata, per rendere onore alla sua isola raccontando ai passeggeri la principale leggenda del posto.
Hikitake – questo è il nome del villaggio dell’atollo di Amanu – è il luogo dove tutto ha avuto inizio. È qui che Hina ha messo al mondo il figlio avuto con il dio Tagaroa.
Hina, in collera con i suoi genitori, Taiavaiva e Gaitua, si era allontanata da casa navigando sul dorso dalla balena e arrivando sull’isola dove viveva Tagaroa con varie donne. Hina, di eccezionale bellezza, suscitò immediatamente la gelosia delle rivali, che cercarono di ucciderla. La giovane chiese aiuto al fratello Terupemanu, il quale intervenne sterminando le rivali. Hina si ritirò così ad Amanu, a Hikitake dove partorì Tutu’ateatea, concepito con il dio Tagaroa. Fu Terupemanu a scegliere il nome del nipote.
Il nome dell’abitato deriva da hiki, offrire, e take, le origini, ed è proprio qui che tutto ha avuto inizio. La leggenda pone l’atollo di Amanu al centro del mondo, dandogli l’importanza che merita per la bellezza della sua natura. Per inciso, la versione classica di questo mito – nella quale Hina è figlia del dio e ne diventa la sposa – ha avuto un’influenza negativa sul popolo polinesiano, dove i processi per incesto sono frequenti: se lo ha fatto un dio, non posso forse farlo anche io?