In tempo di pandemia gli incontri sono rarefatti, sfuggenti, sospesi nei lunghi interminabili silenzi delle emozioni, nel limbo dei sogni. Ma ci sono storie così intense, a volte provenienti da molto lontano, che fendono la nebbia emotiva con la luce della creatività e della determinazione. Storie legate a un passato storico che ritorna, nella lotta all’indifferenza della quotidianità, e che non si arrendono alla rassegnazione.
Brianda Franco Salazar ha un cognome impegnativo: è la pronipote di Emiliano Zapata Salazar, generale e guerrigliero, figura centrale della rivoluzione messicana e della storia del Paese.
Vengo a conoscenza del suo progetto, la Casa de cultura coronel Francisco Franco Salazar, da Maria Grazia Di Somma, blogger e amica di “Etnie”, e decido di incontrarla su internet, in attesa di poterla salutare con un caloroso abbraccio ad Anenecuilco, la città dove vive in Messico.
Brianda mi racconta la sua storia:
“Sono la presidente della Casa de cultura coronel Francisco Franco Salazar, una organizzazione con sede ad Anenecuilco, nel comune di Ayala. L’associazione è nata per promuovere la cultura nella comunità e avvicinare all’arte anche chi è privo di istruzione e si trova a sopravvivere in situazioni di violenza e degrado. In sostanza, per offrire un’opportunità di salvezza a chi, vivendo nell’ignoranza, è vittima della corruzione e della delinquenza che affligge il Paese e che alimenta le tensioni sociali nel Messico di oggi.
Si tratta di un’idea nata nel 2004, quando ho dato alla luce la mia prima figlia. Desideravo farla crescere con sentimenti di sensibilità e condivisione. È mia convinzione che l’arte e la cultura siano i mezzi più efficaci per creare una società armoniosa e rispettosa dell’altro. Nella mia città non esisteva un luogo di questo genere. Da piccola sognavo di imparare a suonare il pianoforte, ballare e cantare; disegnavo il pianoforte su un pezzo di cartone e immaginavo di suonarlo in grandi concerti.
Credo fermamente che i sogni possano diventare realtà: io stessa ho intensamente sognato una casa di cultura e ora essa esiste fisicamente, è realtà. È stato un processo molto lungo che ha coinvolto le autorità locali e tutta la cittadinanza: si trattava non soltanto di affrontare un complesso iter burocratico, ma anche di cambiare la mentalità di un’intera comunità: le persone hanno perso la fiducia nel prossimo, non riescono a credere che qualcuno offra loro un aiuto senza chiedere nulla in cambio. Il senso di ‘comunità’ è ormai perduto, ma noi tramite l’associazione vogliamo recuperarlo. Molti ci hanno ostacolato, ma altrettanti ci hanno aiutato, e sono questi ultimi che ci spronano ad andare avanti”.
La determinazione di Brianda Franco Salazar mi affascina, ma sento che al tempo stesso, come sempre, dietro la forza c’è la sofferenza; chi ha sofferto molto deve lottare il doppio, contro gli altri ma anche contro le proprie paure:
“Ho vissuto momenti di fortissima solitudine. Una settimana prima del terremoto del settembre 2017 che ha seminato distruzione in molte città dello Stato di Morelos, in una circostanza di grande sconforto mi sono ritrovata a dialogare con Dio confidandogli la mia disperazione. Non avevo un lavoro e cercavo di sostenere le spese dell’associazione sottraendo risorse a quelle necessarie per il sostentamento mio e delle mie figlie. Mi sembrava che nessuno credesse nel mio progetto, le persone presenti erano pochissime. Gli confidai il mio dolore e la mia delusione, ero arrabbiata perché mi sentivo abbandonata anche da Lui. Fu una notte interminabile, piansi talmente tanto che mi addormentai, sfinita.
Una settimana dopo la terra tremò, e all’associazione cominciarono ad arrivare telefonate di persone che volevano aiutare donando vestiti, medicinali, materassi, coperte, qualsiasi cosa. Si fidavano di me, capivano che la casa di cultura poteva essere un centro di appoggio per lo smistamento degli aiuti. Creai un elenco delle vittime, misi in contatto le famiglie con i dispersi, la casa di cultura divenne anche ‘casa’ di famiglie che avevano bisogno di dormire in un luogo sicuro.
In quei giorni capii che Dio mi stava dando una lezione di vita molto grande… Non ero sola, la comunità aveva ritrovato il senso della condivisione, e lo stava dimostrando anche grazie al mio progetto”.
Domando a Brianda se tra tante vicende ne abbia una a cui è più legata, una che su tutte valga a testimoniare come si possa e si debba sognare, anche in grande:
“Ne ho molte”, racconta, “le persone si avvicinano alla casa de cultura in cerca di appoggio soprattutto perché dubitano di se stesse, perché la società ha detto loro che non si può sognare, che ci si deve conformare. Non sempre mancano le risorse economiche, a volte manca la motivazione che scalda il cuore. In questo periodo di isolamento a causa del virus, abbiamo creato gruppi di lettura con alcuni sociologi i quali, promuovendo lo scambio di idee e sentimenti, hanno contribuito a migliorare la situazione emotiva dei partecipanti. Alcuni hanno fatto tesoro delle esperienze fatte in associazione e hanno intrapreso carriere artistiche, anche nell’àmbito dell’insegnamento”.
In questo progetto porta la sua preziosa collaborazione l’attore Ariel Lopez Padilla, artista messicano di fama internazionale e dai molteplici talenti: attore, ballerino, ma anche pittore, scultore e insegnante, con una carriera lunga quarant’anni.
“La mia collaborazione con Brianda nasce insieme alla nostra amicizia”, mi racconta con grande gentilezza e amabilità. “Ci siamo incontrati in occasione di un’azione per la salvaguardia di una comunità che avrebbe subìto notevoli danni dall’abbattimento degli alberi in una zona dello Stato di Morelos. Ci accomuna l’amore per l’arte e la difesa degli oppressi”.
Mi incuriosisce in lui questa dualità dell’essere uomo di successo e persona di “umanità”, e Ariel me la spiega così:
“Credo che tutti gli esseri umani abbiano la possibilità di assumersi la responsabilità del bene comune. Il successo non rappresenta la trascendenza, il vero successo è trovare equilibrio nella propria vita attraverso la consapevolezza. L’arte non è terapia: è l’espressione più sublime dello spirito umano, e malgrado la tecnologia abbia creato nuovi e incerti universi, l’arte resterà il referente dell’evoluzione dell’umanità”.
È superfluo dire che mi trova d’accordo, ogni espressione artistica è di per sé unica e irripetibile, esattamente come ogni essere vivente, e questo potrebbe essere già molto per intraprendere la via della consapevolezza.
Ariel continua a raccontarsi: “Nella mia esperienza ho conosciuto molti modi di vivere; durante il mio percorso professionale ho tenuto ben chiaro da dove vengo, per capire dove sto andando. Niente di materiale mi lega o mi ferma. Sono un idealista per convinzione. Ho scelto un progetto di vita in cui poter servire gli altri con il mio lavoro”.
Ecco: servire gli altri con il proprio lavoro. Un concetto estremamente nobile che ritrovo anche nelle parole di Brianda:
“Le persone hanno bisogno di sentirsi felici e di donare felicità. Durante una mostra di pittura, una signora in visita, osservando il tema di un quadro che rappresentava una nonna mentre distribuiva il mangime ai polli in un campo, si commosse poiché le ricordava la vita contadina dei suoi nonni. Questa signora non avrebbe voluto visitare la mostra perché, essendo priva di istruzione, non si sentiva ‘degna di guardare l’arte’”.
Brianda le spiegò che l’arte è cosa di tutti: il dono che l’artista fa a chiunque voglia raccogliere il suo messaggio e voglia provare a tradurlo in sentimento. Tutto qui, semplicemente.
Brianda ha coronato il suo sogno, sa che è più facile smettere che continuare a lottare, ma si sente una milionaria, una milionaria d’amore.
Anche Ariel ha coltivato tutti i suoi sogni, ma ha nel cuore la grande preoccupazione di vedere il suo Messico alla deriva, sprofondato in un sistema malato che corrompe e distrugge. Un Paese di ingiustizie e tradimenti. Un Paese in cui essere onesti è un atto eroico. Zapata lo ha sempre ispirato: è stato fedele alla sua causa fino all’ultimo istante, non si è mai arreso.
Forse per questo vivere in Messico, per Ariel e Brianda, è “non arrendersi”.