Ufficialmente dichiarato indipendente, nell’arcipelago delle Chagos rimane però attiva la base militare britannico-statunitense di Diego Garcia
Come si apprende da un comunicato co-firmato dal primo ministro britannico Keir Starmer e dal suo omologo mauriziano Pravind Jugnauth, dopo oltre mezzo secolo di dispute, polemiche e contenziosi legali e due anni di negoziati, il 3 ottobre Gran Bretagna e Repubblica di Mauritius si sarebbero finalmente accordati (non esiste ancora un trattato ufficiale) per la cessione a quest’ultima della sovranità dell’arcipelago delle Chagos.
Tra gli anni sessanta e settanta del secolo scorso i circa duemila abitanti di questa sessantina di atolli – per Londra “disabitati” – vennero deportati, letteralmente, per potervi installare una base militare britannica e statunitense (assai operativa all’epoca delle guerre in Iraq e Afghanistan). Operazione di sradicamento qualificato da Human Rights Watch come un “crimine contro l’umanità”. Né più né meno.
Ora le Chagos (spesso definite “l’ultima colonia d’Africa della Gran Bretagna”) sono ufficialmente mauriziane, come stabilito dalle Nazioni Unite in un “parere consultivo della corte di giustizia internazionale” e in una “risoluzione non vincolante dell’assemblea generale”, entrambi del 2019.
Ma non mancano “zone d’ombra”. Piuttosto fitta.
In primis, la famosa base militare sull’isola Diego Garcia, per quanto formalmente soggetta a Mauritius, rimarrà sotto il controllo di Londra almeno per un altro secolo (99 anni per la precisione). Poi si vedrà… sempre che per allora non sia stata sommersa dall’oceano.
E poi – ma questo ora come ora appare di secondaria importanza – il mancato coinvolgimento nella trattative della “diaspora”, ossia degli esuli chagossiani e dei loro discendenti: circa diecimila persone, gran parte dei quali vive attualmente nel Sussex e a Manchester.
La storia relativamente recente inizia nel 1814 quando la Francia le cedeva, insieme a Mauritius, alla Gran Bretagna. Diventate poi “Territorio britannico dell’Oceano Indiano” (||biot|) al momento dell’indipendenza di Mauritius nel 1968, dietro pagamento (imposto col ricatto) di tre milioni di dollari all’ex colonia.
“E ora?”, si van chiedendo gli addetti ai lavori. Che sia la volta di Gibilterra, delle Malvinas, magari dell’Irlanda del Nord? Staremo a vedere. Certo che parlare di “decolonizzazione” e “indipendenza” appare un po’ azzardato (anche se dirlo da Vicenza, con l’ingombrante presenza di almeno cinque siti militari statunitensi – per quanto formalmente riuniti sotto la denominazione di base Ederle – lo è almeno altrettanto).
Da segnalare comunque che il portavoce del Chagos Refugees Group, Olivier Bancoult deportato all’età di quattro anni, ha dichiarato di “essersi sentito molto felice” alla notizia.