A coronamento della visita di Bergoglio in Marocco, il papa e re Mohammed VI hanno firmato un “appello” congiunto per la città israeliana di Gerusalemme.
Noi riteniamo importante preservare la Città santa di Gerusalemme / Al Qods Acharif come patrimonio comune dell’umanità e soprattutto per i fedeli delle tre religioni monoteiste, come luogo di incontro e simbolo di coesistenza pacifica, in cui si coltivano il rispetto reciproco e il dialogo. A tale scopo devono essere conservati e promossi il carattere specifico multi-religioso, la dimensione spirituale e la peculiare identità culturale di Gerusalemme / Al Qods Acharif. Auspichiamo, di conseguenza, che nella Città santa siano garantiti la piena libertà di accesso ai fedeli delle tre religioni monoteiste e il diritto di ciascuna di esercitarvi il proprio culto, così che a Gerusalemme / Al Qods Acharif si elevi, da parte dei loro fedeli, la preghiera a Dio, Creatore di tutti, per un futuro di pace e di fraternità sulla terra.
Le reazioni di israeliani ed ebrei (e non solo) sono state tra l’infuriato, l’allibito e il divertito. Sergio Della Pergola, noto demografo ed esponente della comunità italiana in Israele, si è affidato al sarcasmo:
Visto che Gerusalemme è di tutti, allora anche il Vaticano sia di tutti. Aspettiamo quindi con impazienza l’apertura di una sinagoga e di una moschea all’interno del suo territorio, così da assicurare libertà di culto a tutti i fedeli delle religioni abramitiche.
Gerusalemme è di tutti, va bene. E allora la mia domanda analitica è: guardandoci attorno, quale altro sito ha questa prerogativa? Esiste nel mondo un altro luogo dove anche gli ebrei possano dire “sì, anche questo è mio”?
Nulla di nuovo, comunque: è la politica vaticana aliorum tergis che prosegue trionfante.