Pur essendo la maggioranza in Etiopia, il popolo oromo è stato emarginato dai vari governi etiopi. Contro questa etnia (un tempo conosciuta come “galla”) sono state commesse atrocità inimmaginabili nel corso e successivamente alla creazione dell’impero etiope. Gli oromo sono stati ridotti allo status di cittadinanza di terza classe sulla propria terra.
Quando è andato al potere l’attuale governo guidato dal Fronte di Liberazione del Popolo Tigrino (TPLF), il Fronte di Liberazione Oromo (OLF) ha partecipato al governo di transizione sperando che finisse l’epoca di oppressione e sottomissione per tutti i popoli che compongono l’Etiopia. Ben presto, invece, si è capito che l’obiettivo del TPLF non era la creazione di una società democratica e aperta a tutti, ma un governo che dietro una facciata di democrazia serve una sola minoranza, quella tigrina, che costituisce appena il 5% della popolazione etiope.
Di recente sono riesplose le tensioni tra gli oromo e il governo centrale a causa di un piano di sviluppo che prevede un enorme ampliamento della municipalità di Addis Abeba (si parla di 50 volte l’attuale) mediante espropriazione dei terreni agricoli oromo. Il land grabbing è infatti un’attività fiorente in Etiopia, che a favore dello Stato e di aziende straniere sottrae terre e risorse naturali alle popolazioni autoctone. Gli oromo hanno protestato e organizzato manifestazioni duramente represse dalla polizia e dall’esercito (Human Right Watch parla di 500 morti), con numerosi arresti e torture in carcere.
Dopo avere iscritto l’OLF nell’elenco delle organizzazioni terroristiche, il governo ha proclamato lo stato d’emergenza, limitando la libertà d’espressiome e emanifestazione, e bloccando internet e tv.
Gli USA hanno stigmatizzato la repressione di Addis Abeba, mentre l’Unione Europea ha usato toni generici e accomodanti. Il motivo? Troppi interessi politici e commerciali, dagli accordi per la gestione dei flussi migratori, al programma di investimenti avviato dall’EU Trust Fund.