Il 24 febbraio il prigioniero politico comunista Ibrahim Gökçek (bassista della band Grup Yorum), in sciopero della fame dal 17 maggio 2019, è stato rilasciato. Secondo i medici dell’Istituto di Medicina Forense che lo avevano visitato, il suo stato di salute, le sue condizioni fisiche sono incompatibili con la carcerazione.
E finalmente, dopo mesi, i due membri della band Helin Bolek (in sciopero della fame da 253 giorni al 25 febbraio) e Ibrahim (253) hanno potuto abbracciarsi di nuovo. Insieme, nella Casa della Resistenza di Grup Yorum nel quartiere di Küçük Armatlu (Istanbul) continueranno la loro battaglia per la libertà artistica e di espressione. Infatti, com’era del resto prevedibile conoscendo la determinazione di tali militanti, Ibrahim intende proseguire nella sua radicale, estrema per certi versi, azione di protesta. Continuerà quindi lo sciopero della fame con Helin. Entrambi attualmente pesano poco più di 40 chilogrammi, con i piedi che iniziano a farsi lividi. Segnale preoccupante del peggiorare implacabile delle loro condizioni di salute.
E non cambiano le loro richieste:
- liberazione per tutti i membri del Grup Yorum (quattro sono ancora in carcere) e proscioglimento delle imputazioni nei loro confronti,
- fine dei raid della polizia nel loro Centro Culturale,
- rimozione della taglie nei confronti dei membri della band e cancellazione del mandato di arresto,
- rimozione del divieto per i loro concerti.
Da quando lo sciopero della fame è iniziato, quattro prigionieri sono stati rilasciati, ma altri due sono stati arrestati durante un raid della polizia contro il centro culturale di Idil. In totale quindi sono quattro i membri di Grup Yorum ancora dietro le sbarre e sei quelli ancora inseriti nelle liste dei presunti terroristi. A conti fatti, questa piccola vittoria (il rilascio di Ibrahim) costituisce soltanto un rinvio, un palliativo. Permane gravissima la situazione complessiva dei prigionieri, e la repressione non accenna a scemare.
Emblematico il caso di un’altra musicista, la cantante curda Nuden Durak in prigione ormai da cinque anni. Soltanto per aver cantato e insegnato musica in curdo, la sua lingua madre. Attualmente detenuta nella prigione chiusa di Mardin, in base alla condanna subita (19 anni) dovrebbe tornare in libertà nel 2034. Nata a Cizre, Nuden Durak insegnava ai bambini della sua città i canti tradizionali. Ovviamente in lingua curda. Arrestata nel 2015, era stata condannata in un primo tempo a dieci anni (per aver “promosso propaganda curda”). L’anno successivo, senza nemmeno nuove accuse, la sua pena venne praticamente raddoppiata.
Ricordo che fino a non molti anni fa (almeno ai novanta del secolo scorso) perfino la parola “curdo” era proibita. Cantare in curdo poi, assolutamente impensabile.
Testimonianza diretta
E proprio negli anni novanta avevo intervistato Hevi Dilara (il suo nome curdo, ma sui documenti risultava forzatamente turchizzato in Bengin Aksun), ugualmente arrestata poiché cantava nella sua lingua madre. Ma non solo, venne anche ripetutamente torturata. “Mi portavano davanti a mio padre svestito e con gli occhi bendati”, mi raccontò. “Torturavano me e minacciavano di ucciderlo; poi torturavano lui davanti ai miei occhi e dicevano che dovevamo pentirci perché avevamo cantato in curdo. Poi, viceversa, svestivano me, bendavano i miei occhi quando c’era mio padre davanti a me, mi torturavano con il manganello facendo cose molto brutte, delle cose che non si possono nemmeno raccontare… Soprattutto quando mio padre era davanti a me, mi torturavano con getti d’acqua intensa o corrente elettrica alle dita e alle parti intime del corpo; tutto questo è durato quindici giorni”.