Geni in grado di ridurre l’altezza, scoperti insieme ad altri che regolano l’emoglobina e i livelli del colesterolo e di altri lipidi nel sangue: questi i risultati più recenti della ricerca condotta dal gruppo SardiNIA (ProgeNIA), che studia il modo in cui caratteri ereditabili del DNA influenzano i parametri biomedici sull’isola più fertile per la genetica, la Sardegna. Il team guidato da Francesco Cucca, direttore dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche (Irgb-Cnr) e professore di Genetica medica dell’Università di Sassari, ha analizzato quasi 17 milioni di varianti genetiche in uno studio che ha coinvolto oltre 6600 volontari, provenienti da Lanusei, Arzana, Ilbono ed Elini a cui “Nature Genetics” ha dato particolare rilevanza pianificando la pubblicazione contemporanea di tre differenti articoli con un editoriale dedicato.
“Abbiamo sequenziato l’intero genoma di 2120 individui provenienti dai quattro paesi dell’Ogliastra, usando approcci di caratterizzazione molecolare ad altissima risoluzione e modelli statistici per predire le sequenze genomiche in un numero più ampio di individui, nel nostro caso i 6600 volontari dello studio SardiNIA”, spiega Carlo Sidore, ricercatore dell’Irgb-Cnr. “Sono state identificate due varianti genetiche con forte impatto sull’altezza della popolazione sarda, in grado di ridurre rispettivamente l’altezza di circa 4 e 2 cm, rispetto a variazioni di circa 0.3 cm tipicamente apportate da ciascuna delle circa 700 varianti genetiche precedentemente scoperte”, sottolinea Cucca.
La statura diminuisce in ambiente insulare
Valutando l’insieme di queste varianti genetiche, i ricercatori hanno identificato nei sardi un arricchimento sistematico e non casuale di quelle in grado di ridurre l’altezza. “Questo indicherebbe un vantaggio selettivo per la bassa statura nei sardi, che rappresenta il primo esempio nella specie umana del già noto ‘effetto dell’isola’, secondo cui i mammiferi tendono a diventare più piccoli dopo centinaia di generazioni trascorse in ambiente insulare”, aggiunge Magdalena Zoledziewska, ricercatrice dell’Irgb-Cnr.
Sono stati poi scoperti due nuovi geni associati con i livelli ematici dei lipidi e cinque nuovi geni associati con i livelli di molecole dell’infiammazione nel sangue, che hanno importanti ricadute cliniche per il loro effetto sul rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari e infiammatorie.
Un terzo studio innovativo ha analizzato il controllo genetico della produzione di emoglobina.
“Lo studio congiunto delle tre diverse forme di emoglobina presenti nel sangue umano, suggerisce che la loro regolazione è coordinata geneticamente, incrementando i bersagli per approcci terapeutici volti a incrementare la produzione di specifiche forme di emoglobina (HbF e HbA2) in anemie ereditarie come le beta-talassemie e l’anemia falciforme”, sottolinea Fabrice Danjou, ricercatore dell’Irgb-Cnr.
Alle radici del ceppo europoide
I tre lavori pubblicati ora su “Nature Genetics” vanno ad aggiungersi a precedenti studi del progetto SardiNIA come quello sull’ereditarietà del sistema immunitario pubblicato sulla rivista Cell. “La popolazione sarda ha infatti caratteristiche che costituiscono terreno fertile per le analisi genetiche. La prima è la distribuzione relativamente omogenea della variabilità genetica in differenti aree dell’isola. Inoltre per via della sua antica e complessa storia demografica, in Sardegna si trovano varianti genetiche molto rare altrove. Questo consente di valutare con più precisione i loro effetti sui parametri esaminati. Al tempo stesso quella sarda è una popolazione che fornisce un’eccellente rappresentazione della variabilità genetica trovata nell’intera Europa. Per questi motivi, molte delle correlazioni tra geni e malattie e tra geni e variabili misurabili come l’altezza, o i livelli ematici di lipidi ed emoglobina, inizialmente rilevate nei sardi, vengono poi replicate attraverso studi mirati in altre popolazioni Europee”, conclude Cucca.
Lo studio SardiNIA, fondato nel 2001 dal genetista sardo Giuseppe Pilia prematuramente scomparso nel 2005, si avvale di importanti collaborazioni internazionali, in particolare quelle con David Schlessinger, ricercatore emerito del National Institute on Aging (NIA at NIH) che finanzia da 15 anni il progetto, e con Gonçalo Abecasis, direttore del Dipartimento di Biostatistica dell’Università del Michigan Ann Arbor.