“Il salto di qualità della la protesta in lotta armata non è fuori discussione, se la repressione dovesse assumere connotati stragisti ci potrebbero essere fenomeni di ampio spontaneismo armato. Ma l’ipotesi di una guerra civile è complessa perché per quante armi girino per il Paese, il regime ne avrà sempre di più”. È questa, in sintesi, la fotografia di Moises Naim, ex ministro di Commercio e Industria del Venezuela, e politologo del Carnegie Endowment for International Peace.
In Venezuela c’è una dittatura a tutti gli effetti?
Ci sono 40 Paesi che hanno espresso l’opinione secondo cui Maduro non aveva diritto di convocare questa Assemblea costituente, c’è il misfatto del conteggio dei voti e il colpo di mano con cui la Costituente si è insediata laddove ha sede l’Assemblea nazionale. Infine la dichiarazione che ha poteri superiori a qualsiasi organo costituzionale. Non serve altro per dire che il Venezuela è ormai una dittatura.
Esiste il rischio che le proteste si trasformino in lotta armata?
L’opposizione tradizionale organizzata non credo lo farà, ma se si trovassero in una situazione disperata, sotto assedio, con tutti i canali di protesta chiusi e le richieste di cambiamento soffocate, è possibile che alcuni tra quelli che stanno protestando autonomamente e spontaneamente incomincino a cambiare e anziché uscire per la strada con scudi escano con pistole e bombe.
Parla di un salto di qualità della lotta che porterebbe alla guerra civile?
È interessante però vedere che il Venezuela pur essendo un Paese pieno di armi e di criminalità, con elevato tasso di omicidi, ancora non ha registrato questo salto di qualità alla lotta armata strutturata. Bisogna ricordare inoltre che circolano tante armi nel Paese, ma sono molte di meno di quelle nelle mani del governo e dei collettivi pro Maduro.
Chi li arma, o meglio chi c’è realmente dietro Maduro?
In un articolo dal titolo Maduro non importa pubblicato dal “Pais”, spiego che il presidente è semplicemente un burattino nelle mani di forze più importanti. I primi sono i cubani, Cuba ha una presenza importantissima in Venezuela, non c’è dubbio che mantenere nel governo del Venezuela un alleato è una prerogativa dell’Avana. L’isola dipende disperatamente da Caracas, dal sussidio di più di 100 mila barili di greggio che gli regala da anni. Le altre forze sono i narcos, il Venezuela è il principale punto di dipartita e transito di narcotici diretti in tutto il continente americano. Mantenere questo porto franco è essenziale, si parla di un business di decine di miliardi di dollari, tanto che il Paese è diventato da PetroStato a NarcoStato. A governare il traffico è il “cartello del sole”, il sole sarebbe l’equivalente della stelletta sulle mostrine degli ufficiali in altri Paesi. È il cartello dei generali venezuelani, sono loro che con messicani e colombiani hanno formato il cartello che gestisce gran parte del traffico di stupefacenti.
Alcuni affermano che se viene meno l’appoggio dei militari. Maduro crolla. È un’ipotesi reale?
Ci sono da fare due considerazioni. La prima è che le difficoltà della vita di tutti i giorni la stanno sentendo anche i militari e le loro famiglie, quindi si presuppone che da parte loro ci sia un malcontento. Quindi una parte potrebbe desiderare a un certo momento di andare dall’altra parte della barricata. Occorre al contempo fare un’altra considerazione che ci porta di nuovo ai cubani. Fidel Castro ha capito 60 anni fa che il peggior nemico del regime erano proprio i militari, gli stessi che avevano contribuito al successo della rivoluzione. I cubani hanno sviluppato durante questi 60 anni una tecnologia istituzionale molto efficace e sofisticata per azzerare questo rischio. Attraverso controllo e monitoraggio, compensazione e penalizzazione delle forze armate, in modo da capire quali sono quegli ufficiali che potrebbero creare problemi e sottoponendo così a controlli ossessivi loro e le famiglie. Se sono fedeli avranno una bella vita, altrimenti vengono liquidati.
Quindi l’ipotesi è una spaccatura tra l’alto e il basso dei ranghi militari?
Bisognerà capire chi avrà più forza, se la frustrazione dei militari stanchi delusi e affamati, o le forze che controllano gli alti ranghi. È davvero arduo pronosticarlo, ma se si creasse una crepa allora gli equilibri potrebbero cambiare e a quel punto si rimetterebbe in gioco anche l’ipotesi della guerra civile.
Francesco Semprini, “La Stampa”.