Negli anni ‘70 un mecenate tedesco decise di finanziare la costruzione della prima piroga a doppio scafo, a imitazione delle imbarcazioni tradizionali polinesiane. Una volta pronta la barca, tuttavia, si pose il problema: chi sarebbe stato in grado di farla navigare?
Dopo una lunga ricerca, saltò fuori che in un’isola remota della Micronesia, Satawal, viveva Mau Pialug, grande esperto di navigazione tradizionale. All’età di cinque anni era stato scelto dal nonno come marinaio apprendista; a quattordici aveva proseguito la formazione con suo padre in seguito alla morte del nonno, ma soltanto per un anno perché anche il padre morì. Lo zio, che lo aveva adottato, lo mandò a proseguire la formazione presso il prestigioso navigatore Angora.
Mau frequentò anche la scuola di Weriyeng, dove venne consacrato pwo, con rituale di iniziazione, diventando palu, maestro navigatore: era il 1951, e la cerimonia non veniva celebrata da 39 anni.
Per un lungo periodo Nainoa Thompson andò a vivere sull’isola con Mau come suo discepolo. Tra i due si instaurò un rapporto profondo, molto simile a quello tra padre e figlio.
Mau volò parecchie volte alle Hawaii per trasmettere ad altri ragazzi le sue conoscenze, fino a che l’equipaggio non fu pronto e la piroga in grado di navigare. La navigazione tradizionale richiede tanta passione e anche tanti sacrifici, una dedizione totale piena di momenti difficili, che si possono superare soltanto essendo tutti uniti.
Capitò invece che nel 1978, a tre anni dal varo, la piroga salpò portando con sé un carico di dissapori… Una tempesta la colse appena fuori dall’isola di O’ahu, nell’agitato canale di Molokai; la reazione dell’equipaggio non fu sincronizzata e il forte vento, aiutato dalle onde, ribaltò l’imbarcazione. I sedici membri dell’equipaggio restarono tutta la notte aggrappati alle due chiglie, cercando di proteggersi alla meglio dal freddo. Alle prime luci dell’alba uno di loro, il surfista Eddie Aikau, decise di andare in cerca di soccorso a bordo della sua tavola. Era un campione, possedeva il coraggio di affrontare le alte onde e il vento impetuoso per raggiungere l’isola.
Qualche tempo dopo i naufraghi, provatissimi, vennero recuperati. Appena l’elicottero li sbarcò all’aeroporto, dove amici e sostenitori li attendevano festanti, Nainoa chiese dove fosse Eddie, convinto che i soccorsi fossero stati chiamati da lui. Dallo sguardo dei presenti comprese immediatamente che l’amico non era mai arrivato a riva: la sua vita si era persa in quell’oceano che tanto aveva amato.
“La tragedia ci rese coscienti di quanto fosse pericolosa la nostra avventura, di quanto fossimo impreparati in corpo, mente e spirito”, commenta amaro Nainoa, la voce rotta dall’emozione. “Ma non lasciammo insoddisfatto il sogno di Eddie: ancor oggi, quando mi sento depresso, guardo la sua foto. È il mio spirito guida”.
Ora la piroga hawaiana Hōkūle’a sta completando il giro del mondo, durato due anni, portando il messaggio: malama honua, abbi cura della terra.
È passata da Tahiti all’andata, nel 2014, ed è ripassata prima di rientrare alle Hawaii quest’anno, per ricordare che i popoli del Pacifico sono tutti fratelli.
La sua tecnica di navigazione non si avvale di strumenti, ma si basa sull’osservazione degli elementi naturali, come le onde, gli uccelli e le stelle. Ogni isola ha la sua stella zenitale, Sirio per Tahiti, Hōkūle’a – che noi chiamiamo Arturo – per le Hawaii: basta seguirle per approdarvi.
Le piroghe tradizionali, che adesso sono sette in vari Stati polinesiani, navigano sotto il comando del capitano aiutato dal navigatore. Seguire la rotta non è semplice, la corrente devia il percorso che necessita di frequenti aggiustamenti. L’equipaggio che manovra le vele e il pesante timone è di sedici persone. Grazie a questa preziosa iniziativa, la conoscenza della navigazione tradizionale polinesiana non verrà persa.
BIBLIOGRAFIA