Il Nepal, una trentina di milioni di abitanti su un territorio di circa 170mila kmq, è un Paese fortemente plurietnico, dove si parlano almeno 120 lingue diverse. La lingua ufficiale, il nepalese, è usato da circa metà della popolazione.
In un tale mosaico, il governo si è meritoriamente dotato di un organismo ufficiale per la tutela e il benessere delle minoranze, la National Foundation for the Development of Indigenous Nationalities (nfdin), controllata dal ministero dello Sviluppo Locale. L’organizzazione si è occupata finora di 59 gruppi riconosciuti nel 2002, di cui soltanto un paio – i newar della valle di Kathmandu e i thakali – godono, diciamo così, di ottima salute; mentre tutti gli altri vengono classificati come minacciati (10), marginalizzati (20), fortemente marginalizzati (12) o svantaggiati (15).
L’elenco purtroppo non è completo, in quanto molte comunità e gruppi linguistici non sono neppure riusciti a ottenere lo status di nazionalità indigena. Dopo la stesura della lista nel 2002, parecchie etnie e caste hanno lamentato il mancato riconoscimento della loro peculiare identità culturale e linguistica, e la conseguente impossibilità di godere delle previste tutele legali ed economiche.
Nel 2009 il governo ha istituito una taskforce per rivedere integralmente il programma degli adivasi, cioè gli autoctoni, individuando altre 25 etnie da aggiungere all’elenco, che però non è ancora stato aggiornato (sebbene l’ultimo censimento demografico nepalese enumeri ben 142 caste e gruppi etnici per un totale di 124 lingue).

Il distretto di Humla, nel nord-ovest del Nepal.

Più fortuna ha avuto il popolo humlo, circa 6000 individui residenti nel distretto himalayano di Humla, che dopo l’annuncio governativo dell’11 luglio scorso è diventato ufficialmente il 60esimo gruppo riconosciuto del Nepal.
Il processo di riconoscimento è iniziato con le vigorose richieste di Namkhyung Humla Samaj, organizzazione che rappresentava i cinque gruppi geografici di questa etnia (“changba” del villaggio di Dozami, “ninwa” di Warathpaleka, “tukchyu lungwa” di Sathi Khole, “yulcho dun” di Sat Thapale e “limba” di Limel), fino a quel momento considerati differenti; ma grazie alle pressioni degli attivisti, nfdin ha istituito un nuovo comitato scientifico nel luglio 2023 guidato dall’antropologo Muktasingh Lama, dal sociologo Bishnu Sinjali e dal linguista Taramani Rai.
Gli studiosi hanno dimostrato che i cinque gruppi sono manifestazione di un’unica etnia, sia dal punto di vista religioso (buddismo) sia linguistico (parlata “kham ke” o “humlo ke”, del gruppo sino-tibetano), da sempre stanziata nella regione e anticamente chiamata “homloho”. Sono stati documentati vari rituali e usanze peculiari degli humlo, come il culto delle divinità Lafo, Dabla e Yulchha. È stata sottolineata una forte differenza tra il tibetano e lo humlo ke, tanto che i due popoli confinanti non sarebbero in grado di comunicare tra loro utilizzandole.