foto di Tahiti Zoom
Far sentire ciò che ci si rifiuta di vedere è la finalità dell’ottava edizione della Pina’ina’i, risonanze, il cui tema “silenzio, culto” sottolinea con parole che nascono dal paepae a Hiro (la piattaforma dedicata al poeta Henri Hiro), trasformandolo in luogo di squatting per dare voce ai senza casa, unendo con abilità la letteratura alla danza.
“Sono i silenzi umani, sono i reietti della società che ci sforziamo di nascondere, ciò che non vogliamo sentire”, ci dice Moana’ura Tehei’ura, scenografo di questo spettacolo che tocca anche altri tabu, quali il peso della religione con le sue credenze, i dogmi familiari e delle collettività, senza dimenticare come père Christophe, vicario della Cattedrale di Tahiti, si batta da sempre contro il tacere della società.
Non è un vero e proprio silenzio, che raramente esiste, si sente il respiro della persona vicina, il rumore di una sedia mossa, un telefono che suona… Anche tappandosi le orecchie si continua a sentire la vita che scorre al proprio interno.
Si è cercato di ricreare l’atmosfera delle strade di Pape’ete, l’unica vera città della Polinesia francese, sperimentando fra melodie classiche e musica elettronica.
Fortemente provocatorio, questo spettacolo ha scatenato un putiferio per aver fatto danzare alcuni minuti il noto ballerino Tuarii Traqui completamente nudo, dopo aver fatto scivolare a terra il solo pareu che lo ricopriva; ma non solo: trattando il tema del suicidio, è stata messa in scena la morte per impiccagione, realistica come quelle che purtroppo spesso avvengono a Tahiti, specialmente tra i giovani, disorientati dalla vita.
Sono gli autori stessi a recitare i propri scritti, sempre più immersi nei vari ruoli, grande crescita dalle prime edizioni (link alla sesta e alla settima) quando leggevano dal foglio tenuto in mano: adesso la Pina’ina’i è un vero e proprio spettacolo, sviluppatatosi grazie al lavoro di gruppo.
Gli autori non vanno in scena per mettersi in mostra, bensì per porgere al pubblico le loro convinzioni, per dare valore alla causa per la quale scrivono: lo sviluppo della letteratura autoctona.
Le parole innescano il movimento, le coreografie e la musica vengono composte a partire dal testo; i bravi ballerini, anche se avvezzi a farsi accompagnare dal ritmo dei pahu (tamburi), danzano sulla musica senza ritmo per materializzare il silenzio. Restare sincroni è la sfida: ballare con una sola voce per far sentire il silenzio.
Autore chiave dello spettacolo, nonostante il suo recente decesso, Patrick Amaru, fondatore dell’associazione Littérama’ohi: “Non vogliamo cadere nel lacrimevole. Per me esiste sempre”, testimonia Moana’ura Tehei’ura. Un poeta non muore mai.