Seppure faticosamente e in modo spesso contraddittorio, cominciano ad affacciarsi alcune forme sporadiche di bilinguismo.
Nella regione storica del Friùli, inserita nella Regione autonoma del Friùli-Venezia Giulia, convivono quattro lingue materne: friulano, italiano, tedesco e sloveno. Il friulano, il più orientale dei tre idiomi ladini (gli altri si parlano nei Grigioni e nelle Dolomiti), è lingua materna di circa 700.000 persone.
In attesa di un riconoscimento globale della lingua (lo si è avuto finora solo in linea di principio), la presenza del ladino-friulano nell’ambiente delle amministrazioni manca tuttora di una normativa ed è nel complesso molto scarsa, tale che un osservatore esterno può faticare e coglierne i segni. In questa nota è possibile dare di questo argomento solo alcuni cenni.
Si è giunti di recente nel Friuli all’adozione in alcuni comuni di cartelli stradali bilingui, con l’italiano ed il friulano. I comuni che hanno già montato i cartelli erano alla fine del 1983 due: Tavagnacco/Tavagnà e Prato Carnico/ Pràt. La città di Udine ha posto agli ingressi dell’abitato sulle arterie principali, in occasione del millenario (1983) del primo documento che la nomina, cartelli con i nomi in latino (Utinum), in italiano ed in friulano (Udin). Molti comuni, tra cui Udine e Codroipo, stanno studiando in modo organico i propri toponimi, prima di passare ad una fase esecutiva di tabelle bilingui. È opportuno ricordare che in Friùli per circa il 20% delle località (comuni e frazioni) il nome in italiano manca: si ha solo quello in ladino- friulano, che ovviamente fornisce la forma ufficiale. All’interno dei centri abitati, poi, molte strade hanno mantenuto da sempre il nome ladino, anche nella città di Udine, com’è in ladino la vastissima serie dei nomi del terreno.
Un certo numero di amministrazioni comunali ha poi emesso dei manifesti ufficiali in ladino-friulano: tra di essi quella di Montenàrs, che è stata la prima in ordine di tempo, per la festa della Repubblica del 2 giugno 1974: quel manifesto aveva anche un testo in italiano ed in sloveno. Si sono avuti poi i casi di Gemona/Glemone, per i 900 anni della nascita dello stato patriarcale aquileiese, nel 1977: il testo era anche in tedesco; di San Giovanni al Natisone/Sant Zuan dal Nadison, di Gonàrs, di Codroipo/Codroip: questo grosso comune pubblicherà d’ora in avanti anche in friulano tutti i manifesti emessi per le ricorrenze importanti. Sono questi dei passi decisi per il conferimento di un certo prestigio nel quadro sociale alla madrelingua dei friulani, ma si tratta pur sempre di una piccola area vitale, nel vasto campo delle relazioni tra il cittadino e l’amministrazione pubblica. Ovviamente i cittadini possono esprimersi in friulano negli uffici comunali e provinciali, ma non sono sempre certi di essere capiti, né di poter avere una risposta in madrelingua.
I comuni e le tre province usano di norma come lingua scritta solo l’italiano (soltanto nel Goriziano, nei comuni sloveni, è possibile adoperare una lingua diversa, per certe funzioni). Anche se le sedute dei consigli vedono spesso l’uso del ladino-friulano negli interventi (in alcuni comuni ciò è regolato da direttive interne), i verbali possono essere redatti solo in italiano, poiché solo questa lingua ha valore giuridico per gli organi del controllo. Però in alcune occasioni risoluzioni di consigli comunali, e di quello provinciale di Udine, sono state adottate in friulano: è avvenuto per le deliberazioni in appoggio ad un riconoscimento, da parte dello Stato, della lingua materna. Per avviare studi in favore di questo riconoscimento la Provincia di Udine ha istituito fin dal 1975 una commissione consultiva sul problema della tutela delle minoranze linguistiche del proprio territorio ed ha organizzato, nel maggio 1978, una conferenza, della quale ha poi pubblicato gli atti.
La Regione per ora ritiene di aver soddisfatto le esigenze della promozione delle lingue parlate nel proprio territorio con la legge citata del 1981 che delega alle province la spartizione dell’esigua torta dei sussidi. È pensabile che, quando lo Stato avrà varato la legge ad hoc sulla tutela della minoranza friulana (o dell’insieme delle minoranze della repubblica), la Regione adeguerà la propria normativa ed i propri interventi.
Si ha una certa apertura al friulano, anche da parte delle amministrazioni maggiori, nel campo culturale, ma essa avviene senza un vero coordinamento ed in modo a volte contraddittorio. Per esempio, la Regione ha edito un opuscolo in ladino-friulano, molto ben fatto, sulla “Mostra della civiltà friulana” (una esposizione illustrativa, poi ospite di città svizzere, francesi, belghe ed americane), ma per contro nella recente revisione del testo di legge sulla protezione della flora sono state tolte le citazioni alla nomenclatura in friulano delle varie piante, che pure erano apparse nell’edizione precedente del testo: così che la gente della campagna e della montagna si è trovata davanti solo una serie di nomi in italiano, che qui suonano estranei. Nel consiglio regionale si concede ai consiglieri di prestare il giuramento in una lingua diversa dall’italiano (lo si è fatto in friulano ed in sloveno: non ci sono rappresentanti dell’esigua minoranza tedesca); la dichiarazione va però ripetuta subito dopo in italiano. La stessa facoltà è concessa ai membri anche d’altri consessi, tra cui quelli dei comuni.