Il polverone di aneddoti, false informazioni, opinioni (in realtà spesso pregiudizi e manipolazioni interessate) che circonda la vicenda Puigdemont nasconde una realtà semplice e importante: la più che deficiente qualità democratica delle istituzioni e della legalità spagnola. Uno Stato che è erede non della repubblica legittima annientata dal colpo di stato fascista di Franco, ma del regime che il dittatore instaurò e mantenne fino alla morte: la monarchia, l’esercito, il sistema giudiziario, con tribunali speciali per delitti politici e di opinione, la Guardia Civil (che accumula migliaia di denunce per torture), la corruzione diffusa e la classe dominante più speculatrice del continente…
Una realtà che interpella direttamente l’insieme dei Paesi e della società europea, messi di nuovo di fronte alla scelta fra il mantenimento di questo club di Stati e di corporation che è la UE, e la creazione di un vero e proprio spazio di cittadinanza comune, basato sul rispetto scrupoloso dei diritti civili, politici, umani fondamentali.
Puigdemont – da me non votato – è il presidente eletto da una maggioranza di catalani e come deputato europeo ha ottenuto un milione di preferenze (Borrell, attuale ministro degli Esteri della Commissione, ne ottenne 600.000). I “reati” per cui è perseguito dallo Stato spagnolo sono squisitamente politici e retaggio di una cultura repressiva franchista. Il rispetto della sua immunità da parte dei tribunali italiani è quindi doveroso e non dovrebbe essere messo in dubbio da nessuno spirito democratico.
Lettera di Rolando d’Alessandro, Barcellona.