Placido Barbieri (Milano 1916 – Vicenza 2013) è stato un importante fotografo vicentino, nominato nel 1960 “artista fiap”, un riconoscimento assegnato dalla Féderation Internationale de l’Art Photographique a fotografi che per il loro lavoro o per le loro realizzazioni hanno contribuito al progresso della fiap o della fotografia in generale. È stato fondatore del Circolo Fotografico Vicentino con al suo attivo molte mostre sia personali che collettive. Nel 2009 ha donato il suo archivio alla Biblioteca Bertoliana di Vicenza, che nel primo decennale della sua scomparsa ha voluto ricordarlo ospitando nel grande spazio della Sala Studio una serie di grandi pannelli fotografici con dodici sue foto-ritratto di artisti vicentini.
In questi giorni (20 settembre- 6 ottobre) nelle storiche sale del Palazzo dei Canonici di Barbarano vengono esposte 35 sue foto in bianco e nero (“Storie di volti, sguardi e voci”).
Come ha scritto nella presentazione l’ottima giornalista Giovanna Grossato, “questa rassegna di 35 scatti con volti di persone – note e sconosciute – e con qualche paesaggio è rappresentativa di tutta l’attività di una vita di Placido Barbieri fotografo. Ogni soggetto, visi e luoghi, negli scatti di Placido si rivela immediatamente protagonista del suo mondo artistico. Alcune di questa foto, in virtù dell’amicizia che ha sempre legato Placido Barbieri al maestro Bepi De Marzi e al fascino della sua musica, risuonano anche dei canti che danno ulteriore voce alle immagini”.
Fatalmente, ammirando le foto di Placido Barbieri, rigorosamente in bianco e nero (parte di un’opera ben più ampia, ma comunque significative, emblematiche), insieme all’ammirazione aleggiava anche un po’ di malinconica nostalgia: per un mondo veneto non privo di una sua dignitosa nobiltà e ormai irreparabilmente sommerso dalla “modernizzazione”.
Dai volti – austeri, quasi inconsapevolmente solenni – dei malgari della Boffetal o dei pastori della Val di Resia, della custode dell’Eremo di San Cassiano (Lumignano) così come dell’anziana “Maria dei fiori” in Piazza delle Erbe, traspare lo spirito di un tempo severo, duro (forse anche ingiusto), ma sicuramente più autentico. Per non parlare dello sguardo adombrato dell’alpinista Gino Soldà (indispettito e amareggiato, raccontava Placido, di fronte alla scoperta di una lapide sul Sengio Alto vandalizzata) o dell’espressione aristocratica del pittore Otello de Maria. Così simile per certi aspetti al volto di un contadino trentino in Ritratto (tanto che qualcuno pensava fossero la stessa persona in due età diverse, una coincidenza).
La mostra, inaugurata il 20 settembre, rimarrà aperta fino al 6 ottobre. Tra queste due date è previsto un momento particolare, direi irripetibile: un incontro (alle ore 16 di mercoledì 2 ottobre) con il maestro Bepi De Marzi. Il fondatore del Coro “I Crodaioli” darà testimonianza del profondo rapporto, non solo di collaborazione artistica, ma soprattutto di profonda amicizia con Placido e con Carlo Geminiani (1925-2008). Grafico, illustratore, scrittore, poeta, polemista, conferenziere e autore di una decina di canti musicati da Bepi De Marzi, tra più noti del repertorio de “I Crodaioli”. Da Signore delle Cime (vedi foto Verso la luce) a Joska (vedi foto omonima), da L’ultima notte (vedi foto Croce Nera) a Il Golico (vedi foto Se la Julia non fesse ritorno).
Mentre rientrava nelle competenze di Bepi la realizzazione armonica dei canti e di Geminiani per i testi, a Placido spettava il compito di illustrarli adeguatamente, completarli con le immagini. In un libretto ormai introvabile, Voci della montagna. Nuove Cante Alpine e Popolari (familiarmente ricordato come il “libretto verde”, dal colore della copertina), i testi e le musiche di ogni canto sono infatti accompagnati dalle foto di Barbieri. Un solitario sciatore in cammino (di spalle, suggerendo l’idea di una dipartita), immerso nella nebbia luminosa per Signore delle Cime (foto Verso la luce); il volto malinconico, quasi evanescente, di una ragazza alla finestra per Joska…
A tal proposito un ricordo. Quando nel 2013 Placido venne a mancare, Bepi de Marzi si trovava in Piemonte con “ I Crodaioli” per una serie di concerti. Informato della tragica notizia rientrò frettolosamente a Vicenza per presenziare, insieme ad alcuni componenti dello storico coro, ai funerali. E ovviamente, tra gli altri canti, nella chiesa di Araceli in Cristo Re si era innalzato Signore delle Cime come estremo commiato per l’amico.
Ma – dicevo – la mostra di Barbarano è stata una propizia occasione per recuperare sensazioni, suggestioni, atmosfere… forse assopite dal tempo. Ma anche per condividerne altre con persone che nelle foto hanno ritrovato, riscoperto qualche frammento della loro storia.
Due o tre esempi. Una signora ha riconosciuto con commozione in La nipote (una bambina tenuta per mano dalla nonna) la propria mamma. Mentre un sacerdote di Barbarano originario di Marostica si è entusiasmato per l’immagine del poliedrico artista Mirko Vucetich (poeta, traduttore, scenografo, regista e attore): da bambino aveva conosciuto l’ideatore – nel 1954 – della famosa “Partita a scacchi a personaggi viventi” marosticana e aveva fatto parte dei figuranti in costume che mantengono viva la vicenda della bella Lionora. Vedendo il ritratto di Virgilio Scapin, una ragazza si è ricordata di quando accompagnava la mamma nella storica libreria Due Ruote dello scrittore-attore (I magnasoete, Una maschia gioventù, Il chierico provvisorio…) e della scaletta di legno a chiocciola che portava al reparto per ragazzi. “Salivo e scendevo più volte”, ci ha spiegato, “perché mi piaceva sentire scricchiolare i gradini”.
Tra i visitatori, il geologo Dario Zampieri, autore di molti testi fondamentali sulle nostre montagne e strenuo difensore della Val d’Astico dai devastanti progetti di prosecuzione della A31.
E poi lo scrittore Alberto Girardi che aveva conosciuto Placido. Osservando alcune foto (Eremo di San Cassiano, Primavera a Castegnero, La piana di Mossano… con le pareti non ricoperte da migliaia di spit e la piana circostante sgombra dai capannoni) è parso condividere un certo disagio per quanto subiscono i nostri Colli Berici. Trasformati in parco-giochi con pretestuose “Alte Vie” (i Colli, ricordo non superano i 400 metri di quota) e sentieri devastati da moto e mountain bike (magari elettriche). Con ben altro spirito e rispetto per l’ambiente naturale Girardi aveva realizzato le sue interessanti guide escursionistiche.
Alquanto evocativa – per chi scrive – l’immagine del volto di Rigoni Stern (1921-2008), che mi riporta al mio ultimo incontro con l’autore de Il sergente nella neve, al Festivaletteratura di Mantova (Bosco Fontana, 2006), quando – se pur brevemente – l’avevo intervistato.