Un drammatico appello dei lettoni
Per comprendere la consistenza dell’oppressione etnica nei paesi baltici è utile ricordare in poche parole i tragici avvenimenti che si svolsero presso il mar Baltico 50 anni fa. Oggi non si parla più di questa tragedia umana, di questo tradimento politico perpetrato all’ombra della seconda guerra mondiale; nessuna voce si eleva per protestare contro l’oppressione dei diritti dell’uomo calpestati: solo gli esiliati e le loro organizzazioni tentano di far conoscere la disperazione di quei popoli.
Oggi si parla molto dell’occupazione dell’Afghanistan da parte dei sovietici; ma altro non è che la ripetizione di quello scenario di quarant’anni fa, quando, tra il 15 e il 17 Giugno 1940, l’Armata Rossa invase i tre stati sovrani – Estonia, Lettonia e Lituania – incorporandoli nell’Unione Sovietica.
Non si dovette attendere molto per conoscere il vero volto degli occupanti.
Iniziarono arresti e deportazioni in massa, tanto che si calcola in un milione circa (su 6.000.000 di cittadini baltici prima della guerra) il numero dei deportati e degli assassinati, sostituiti subito da russi; e i sopravvissuti vengono «sovietizzati».
La russificazione continua tuttora in ogni campo: in politica (evidentemente), in economia, in campo demografico, nell’insegnamento della lingua e della cultura. Per favorire l’immigrazione straniera – russa in particolare – si costruiscono in Lettonia enormi officine: le materie prime sono importate dalla Russia (3-4.000 km di distanza) per poi riesportare il prodotto finito!
Poiché l’emigrazione slava in Lettonia è di quasi 20.000 persone all’anno, la percentuale degli autoctoni è in costante diminuzione. Tale percentuale è espressa dai seguenti dati:
1935: 76%
1959: 62%
1970: 56%
1979: 53%
La percentuale degli slavi aumenta, invece, dal 14% del 1935 al 40% del 1979: continuando così il genocidio potrà ben presto dirsi completo.
La resistenza nazionale contro la russificazione è molto viva in tutti i settori, ma le repressioni sono spietate. Si destituiscono perfino alti funzionari: ministri, segretari di partito, direttori di scuole, dirigenti sindacali, redattori che tentano di intralciare la colonizzazione. Coloro che protestano apertamente contro questa politica criminale sono internati in cliniche psichiatriche. Persecuzioni e violenze sono dunque il veicolo usato dai sovietici per distruggere sistematicamente il popolo lettone.
Termino il mio resoconto invitando ciascuno, secondo le possibilità, ad elevare la propria voce contro il genocidio fisico e culturale dei popoli baltici.
Da vent’anni la tendenza al predominio della lingua russa nell’insegnamento è del tutto generalizzata. Un professore universitario dichiara: «Il concetto della vita deve essere unicamente quello insegnato dal partito comunista. La letteratura deve essere quella indicata dal partito.» E durante gli ultimi anni, negli striminziti corsi di lingua lettone, non si studia l’idioma, ma slogans ideologici. La cultura lettone è tollerata solo quando non costituisce ostacolo al crescente ritmo di russificazione. In tal modo gli occupanti riescono a nascondere i valori culturali sorti all’epoca della Lettonia libera, e con essi le raffinate opere letterarie, artistiche e musicali. La storia stessa è falsificata. La creatività è permessa solo quando favorisce la sovietizzazione.
Per poter effettuare delle pubblicazioni, è necessario essere membri dell’Unione degli Scrittori Lettoni, organismo rigidamente sorvegliato dal partito. La censura letteraria passa per le mani del KGB e molti scrittori, per sopravvivere, sono costretti ad occuparsi della traduzione di opere straniere. Il russo è imposto in ogni ordine amministrativo, professionale e sociale. Il congresso di Taschkenta (1979) sulla lingua russa decide che «bisogna forzare ovunque l’uso della lingua russa, soprattutto presso l’infanzia». Si raccomanda l’uso del russo in famiglia, e quei giovani che non l’hanno ancora imparata sufficientemente sono obbligati ad apprenderla durante il servizio militare, che si presta fuori dalla Lettonia (servizio che dura – si noti – da tre a cinque anni). I permessi di pubblicare libri in lettone sono in costante diminuzione. Ecco la percentuale di tali pubblicazioni:
1939: 83%
1960: 64%
1977: 52%
Dei 4 programmi televisivi, infine, 3 canali sono unicamente russi; il quarto è bilingue, con l’idioma locale usato solo per i programmi di minore importanza.
La resistenza lettone è rappresentata dall’Associazione Mondiale dei Lettoni Liberi, P.O. Box 16, 400 Hurley Avenue, 20850 Rockville, USA.