Ho aspettato tutto il giorno, invano. Una dichiarazione, un cenno di vita, perfino un frivolo tweet, sulle due turiste scandinave sgozzate come agnelli sacrificali, in senso letterale, tributo di sangue al proprio Dio (Allah, finché si può ancora scrivere) da un gruppo di marocchini salafiti affiliati all’ISIS. Insomma qualcosa, da parte di qualcuna delle eroine incartate dai giornali del “Me Too”, quest’ultima forma disimpegnata e postmoderna del femminismo.
Quelle per cui una mano innocente su un ginocchio equivale ormai a uno stupro reiterato. Quelle che si ricordano vent’anni dopo che in cuor loro, quella sera, non volevano totalmente salire nella suite del produttore, ma c’era il film da girare, adesso il film è passato e rimane l’esigenza di crearsi visibilità. Quelle che i concorsi di bellezza in bikini sono insultanti (a breve la proposta di tenerli in scafandro) e le pubblicità con donne avvenenti, libere e discinte vanno rimosse (è accaduto in molte nostre città, e gli islamisti del commando marocchino sarebbero stati d’accordo, è la nemesi finale). Quelle che Harry Weinstein è un mostro in mancanza di prove, Cristiano Ronaldo è un mostro in mancanza di prove, Fausto Brizzi è un mostro in presenza di prove contrarie. I marocchini decapitatori di ragazze no, evidentemente, sono cronaca nera a cui siamo assuefatti e che non è elegante citare in società, o dal palco del festival di Cannes. Qui c’è orrore vero, violenze vere, perfino sangue vero.
Non è femminicidio?
Che razza di priorità hanno, morali e fisiche, carnali, queste vestali contemporanee del femminismo ridotto a socio di minoranza del politicamente corretto dominante? Dove sono le teoriche e le retori del “femminicidio” come emergenza permanente, di fronte ai corpi devastati di Louisa Vesterager Jespersen e Maren Ueland, sequestrate, seviziate e infine macellate in quanto donne, europee, libere?
Tacciono, hanno altro da fare, magari tirare la volata al Global Compact per farla finita col loro unico vero nemico, il maschio bianco occidentale, e importare in Europa migliaia di gentiluomini appartenenti allo stesso club dei marocchini assassini. Tace Laura Boldrini, la sacerdotessa riconosciuta di questo tardofemminismo à la carte. Tacciono le fustigatrici di professione del maschio italico ed europeo, tace Natalia Aspesi su Repubblica e tace Dacia Maraini sul Corriere della Sera. Tace Michela Murgia, è troppo impegnata a comporre l’ultimo fascistometro per occuparsi dei nazisti di oggi, i massacratori in nome di Allah. Tace ovviamente Asia Argento, o meglio parla molto, ma di com’è finita con Fabrizio Corona, e ognuno si definisce anche in base agli argomenti trattati.
Lo jihadista può
Ma la lista dei nomi è riduttiva, è tutto un clima editoriale, mediatico, intellettuale, che nell’ultimo anno ha scatenato la caccia alle tracce subdole e reazionarie di sessismo negli spot, nelle canzoni, perfino all’opera (ricordate la riscrittura politically correct del finale della Carmen?) e la crociata contro il maschio anche solo velatamente predatore. E il maschio fattualmente tagliateste, il maschio terrorista, e terrorista islamico (più la specifica viene omessa dai giornaloni, più c’interstardiamo a scriverla)? È qualche episodio di sesso squallido e forse indirettamente viziato da una relazione di potere, l’emergenza civile dei giorni nostri?
O forse è l’evidenza tragica, e quindi incontestabile, che oggi una ventiquattrenne e una ventottenne europee non possono uscire dai propri confini senza essere scannate da chi ha dichiarato guerra al loro continente, alla loro civiltà, a quel che esse stesse rappresentano solo esistendo, e per cui vanno appunto rimosse dall’esistenza? Ho aspettato e aspettato, che qualcuna delle indignate perenni in nome della (loro) idea di Donna mostrasse quantomeno un turbamento per queste due donne concretissime strappate alla vita dai terroristi islamici. Risultato: niente. Che poi è la cifra della nostra epoca.
Giovanni Sallusti, “Libero”.