Il Festival delle Isole Australi, si è svolto dal 5 all’11 novembre, a Tubuai, isola dell’arcipelago delle Australi, il più a sud della Polinesia Francese. Tubuai è rinomata per la sua produzione agricola, consegnata a Tahiti via cargo in grande quantità.
È la seconda edizione di questo festival: la prima risale a 30 anni fa. Quella del 2019 che si è tenuta a Pape’ete aveva un diverso comitato organizzativo e non rientra nella lista.
Il tema del festival è farereira, l’incontro.
Le isole Australi – Tuha’a Pa’e o quinta parte in Reo Ma’ohi (la lingua locale) – sono, da ovest a est, la piccola Rimatara, di appena 10 km2; Rurutu, con le sue particolari grotte; Tubuai, con la sua spiaggia color dell’oro; Ra’ivavae, dalla magnifica laguna; e la più meridionale e selvaggia, la remota isola di Rapa.
I gruppi di queste isole si sono riuniti per una settimana, mostrando e scambiando le proprie capacità e tradizioni. Ogni isola mantiene la sua specificità, pur avendo dei fili che la uniscono alle altre.
Le mattinate sono state riservate alle dimostrazioni dell’artigianato e delle tipicità locali, in un’atmosfera allegra e rilassata; le serate a canti e danze.
Esclusa Tubuai che ha perso il proprio idioma e dove si parla il Reo Ma’ohi, il polinesiano, ciascuna isola ha la propria lingua: a Ra’ivavae è tutto un “ghe ghe ghe”, ‘Ia Ora Na diventa agoga, mentre la più remota, Rapa, ha mantenuto un linguaggio arcaico, carico di sonorità dure (k). Possibile percepire queste differenze linguistiche nei canti.
Rurutu
La storia danzata da questo gruppo è l’amore del bel guerriero, respinto violentemente dalla sua amata, che si realizza grazie all’intervento del simpatico Tauha, sciamano, su richiesta del vecchio padre del ragazzo.
È possibile infine celebrare il matrimonio, nella piena tradizione di questa isola, tanto per questo famosa da richiamare coppie da Tahiti.
Ra’ivavae
L’isola di Ra’ivavae propone per questo Festival la danza che ha vinto l’annuale Heiva dell’isola. Il tema è haere mai, l’accoglienza che, come in ogni isola polinesiana che si rispetti, è particolarmente curata.
Magnifico il loro gran costume, realizzato dalle abili mani operose di ballerini e ballerine.
Rimatara
La prima parte dello spettacolo della piccola isola di Rimatara è la presentazione dei loro valori, in particolare l’accoglienza e l’autenticità.
Il fischio rappresenta il vini ‘ura, Lori di Kulh, uccello sacro presente solo in questa isoletta, oggi a rischio d’estinzione nonostante gli sforzi dell’associazione a lui dedicata.
Nella danza mostrano le differenti usanze dell’isola, come la pesca con i rami di purau, ibisco selvatico, usati per spingere i pesci in una determinata zona dove saranno uccisi per essere mangiati.
Nell’ultima parte hanno seguito il tema del festival, farereira, l’incontro, sempre con riconoscenza verso la natura e dio.
Ognuno dei tre villaggi dell’isola ha portato un ‘ōte’a, danza, mentre il primo ballo con la tavoletta di legno è antico, ripescato dai ricordi degli anziani.
Mi spiegano le coreografie Heiata e Motiha, giovane coppia, lui originario di Rimatara, lei di Tahiti, tornati a vivere con semplicità lontano dalla città. Il ragazzo è poliziotto e la giovane ha un pollaio che rifornisce di uova gli abitanti dell’isola. La piccola Rimatara è piena di giovani, è un piacere vedere come siano impegnati a far rivivere le tradizioni, capitanati dal loro sindaco Artigas Hatitio, abile ballerino.
Rapa
Lo stile di danza di quest’isola, la più remota del Pacifico, è senza ogni dubbio particolarissimo, molto diverso dal ‘ori Tahiti. Sarà stato influenzato dagli africani, sbarcati dal battello negriero in cerca di schiavi? Certo è che come ballano loro non lo fa nessun altro qui nel Pacifico, che ho girato in lungo e in largo.
Anche i loro canti, con l’effetto ritardato, simile a un disco che si ferma per mancanza di elettricità, sono unici.
I costumi, realizzati con vegetali della loro isola, hanno anch’essi un tocco di unicità.
Tubuai
L’isola ospite del festival conclude con una serata interamente a lei dedicata.
La loro danza riunisce le 5 isole, rappresentate ognuna con un colore diverso, che si affrontano in battaglia in un primo momento, per poi capire quanto sia inutile spargere sangue. Meglio prosperare e vivere in pace, ognuno con le proprie specificità ma insieme, come le 5 dita della mano.
Durante il festival non è mancata la celebrazione sul marae, luogo sacro.
Ero l’unica giornalista presente, e ho potuto filmare con discrezione qualche momento, mentre eravamo immersi nella natura, a contatto con le divinità polinesiane.
Secondo la tradizione orale, fu grazie a Tamatoa, naufragato a Tubuai dove si stabilì, che nacque la dinastia dotata di diritti divini, legata al famoso marae Taputapuatea di Ra’iatea. Tamatoa fondò il marae dallo stesso nome a Tubuai.
C’è chi sostiene che il marae di Tubuai sia anteriore a quello di Ra’iatea. La sua importanza era tale che riceveva visitatori dall’intero triangolo polinesiano: i capi vi si recavano al termine dei loro lunghi viaggi in piroga. Ogni ospite poneva le offerte agli dèi, sacrifici umani compresi.
Troppo fuori rotta, sarebbe stato sostituito dal marae Taputapuatea di Ra’iatea, che inizialmente non portava questo nome.
Per questo legame fra Tubuai e Ra’iatea, una piccola delegazione dell’isola sacra era invitata al Festival.
Altro gruppo invitato, l’associazione Fa’afaite con la sua piroga: ha messo all’onore la navigazione tradizionale polinesiana, realizzata senza strumenti moderni: si seguono le stelle, l’andamento delle onde, i vari uccelli che fanno capire a quale distanza ci si trovi da un’isola.
Questo piccolo gruppo ha incentrato le proprie dimostrazioni sulle stelle, visto anche il periodo: Matarini Ni’a, il sorgere delle Pleiadi, è prossimo, e questa costellazione annuncia il periodo dell’abbondanza.
Non sarà stato un Festival grandioso come la Heiva I Tahiti… ballerini e ballerine erano i comuni abitanti delle isole, dai corpi naturali, non allenati come quelli dei professionisti… ma l’aria rilassata, carica di gioia che si respirava era incredibile.
Prossimo appuntamento fra 4 anni, e l’isola prescelta per ospitare il Festival è la piccola Rimatara. Ho salutato il suo sindaco dicendogli di aspettarmi, la prossima volta arriverò con un gruppo di italiani per condividere questa meravigliosa esperienza.