Proprio come gli antichi polinesiani, i partecipanti caricano la frutta su un bastone – lo stesso peso alle due estremità – e la issano in bilico su una spalla; quindi, con un movimento rotatorio del collo la fanno scivolare sull’altra, correndo per arrivare primi alla gara di corsa con la frutta. Il peso? 30 chili per giovani e donne, 50 per i senior. Si rinnova così quella che era un tempo la quotidianità, quando si andava nel fondo delle vallate a raccogliere i fe’i (Musa troglodytarum) per poter nutrire la famiglia.
Ancora oggi, una volta l’anno, per la festa delle arance, i Mā’ohi si arrampicano sugli altipiani per ridiscenderne carichi di frutti. Gli aranci piantati dai missionari a livello del mare non sono sopravvissuti ai parassiti dei tropici, mentre si sono salvati quelli in montagna. I portatori abituali sfoggiano una gobba di grasso, segno lasciato dal pesante giogo del bastone, ben in equilibrio per non far scivolare nelle scarpate l’uomo che lo trasporta.
(Che fine fa la frutta con la quale si corre? Be’, proprio ora sto mangiando una delle banane!)
Tocca poi al tirassegno: gli atleti riescono a colpire una noce di cocco in cima a un palo… e ci riescono in tanti, come dimostrano i numerosi giavellotti bene infissi nel legno del frutto. È tutta questione di testa: il lancio va accompagnato con un sibilo tra i denti appena percettibile e con la forza del pensiero. Sono belli, vestiti di solo pareu mentre si sfidano, dardo dopo dardo.
Sollevamento pesi: le schiene si piegano sotto il gravame della pietra che va sollevata, appoggiata sulla spalla e tenuta in equilibrio con un braccio teso. Vince il più rapido. Il campione in carica è l’unico che riesce a sollevare un macigno di 160 chili, unto di mono’i tanto per complicare la presa. Eriatara Ratia, il gigante di Tubua’i, quest’anno ha sollevato in 4”27 una pietra di 150 chili… Dopo il concorso è riuscito a sollevarne una di 175 chili, davanti agli occhi attoniti degli spettatori!
E poi i cocchi, tanti cocchi, un sacco di cocchi: vince la prima squadra che riesca ad aprirli e a separare la polpa bianca dalla noce. Frenetica l’attività dei tre componenti: uno spacca con l’accetta mentre gli altri due scavano con l’apposito attrezzo.
La ciliegina del 2017 è stato il campionato mondiale di salita su palma da cocco, con partecipanti da Samoa e dalle Isole Cook. Proprio un Cook islander ha vinto, salendo velocissimo con ampi balzelloni in poco più di 5 secondi. Non ha partecipato alla gara Olivier Lenoir, capo del gruppo di danza Tahiti Ia Ruru-tu Noa, anche se ha corso con la frutta; era impegnato nella confezione dei costumi vegetali (quando ci si imbarca in un’avventura come la Heiva I Tahiti, il tempo non basta mai). Peccato perché è capace di arrampicarsi sulle palme come se fosse la cosa più naturale di questo mondo, “Anche mia madre ci sale”, mi racconta. “Per la competizione è facile, più difficile salire a lavorare, quando c’è vento e il tronco ondeggia… Non bisogna assolutamente soffrire di vertigini! E fare tanta attenzione, spesso capitano incidenti”. Per non parlare della discesa, non semplice anch’essa, poiché ci si può ferire se si scivola sulla corteccia.
La Heiva non è soltanto danza, ma offre la possibilità di ritrovarsi divertendosi con i giochi tradizionali.