La deriva bellicosa della Turchia ha suscitato immensa indignazione a sinistra. Da giorni fioccano gli editoriali di carta vetrata, il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, si è subito fatto avanti per chiedere il blocco delle esportazioni di armi verso lo Stato del sultano Erdogan, persino l’ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, ha sfoderato parole di fuoco.
Oh, lo sdegno è sacrosanto. Ma fotocopiare dichiarazioni furibonde è facile. Un po’ meno facile è fare un po’ di pulizia in casa propria. Già, perché con il mondo islamico d’influenza turca il Partito Democratico coltiva ottimi e stretti rapporti da anni. Proprio martedì, per dire, il Comune milanese guidato dal democratico Beppe Sala ha presentato il nuovo Piano di governo del territorio (Pgt), all’interno del quale si trova pure il piano riguardante le attrezzature religiose. Grazie a questo bel provvedimento, l’amministrazione ha reso ufficiali varie moschee, tra cui quella posizionata in via Maderna. A gestirla è una associazione chiamata Milli Gorus Italia, di cui più volte ci siamo occupati negli anni passati.
La realtà di Milli Gorus, a dirla tutta, va molto oltre l’Italia. Stiamo parlando di una associazione islamica nata in Turchia e fondata da Necmettin Erbakan – uno dei maestri spirituali e politici di Erdogan – che negli anni ha formato tanti esponenti dell’Akp, ovvero il partito dell’attuale capoccia turco.
Milli Gorus ha sedi un po’ ovunque in Europa. Già nel 2013, il ministero dell’Interno tedesco l’ha inserita in una lista di associazioni “islamiste” (cioè estremiste, o comunque radicali) da tenere d’occhio. Un successivo report delle autorità germaniche, uscito nel luglio 2017 e relativo al 2016, spiega che per i militanti di Milli Gorus sono “giusti” soltanto “gli ordinamenti che si fondano sulla rivelazione divina, mentre illegittimi sono quelli che sono creati dagli uomini. Attualmente con la civiltà occidentale dominerebbe un ordine ingiusto, fondato su violenza, torto e sopraffazione. Questo sistema illegittimo dovrebbe essere sostituito da un ‘ordine giusto’ orientato esclusivamente dai principi islamici, anziché da regole arbitrarie create dagli uomini”.
I musulmani filo turchi hanno avuto problemi, di recente, anche in Austria. Nel giugno scorso, le autorità di Vienna hanno duramente colpito una associazione chiamata Atib, ovvero “Unione turco-islamica per la collaborazione culturale e sociale in Austria”. I capi dell’Atib sono stati accusati di aver ottenuto finanziamenti illeciti dall’estero e di aver violato le leggi austriache sull’islam. Da lì la chiusura di quattro moschee a Vienna, due in Alta Austria e una in Carinzia.
Questa Atib altro non è che una sorta di succursale austriaca di Diyanet, ovvero l’agenzia del governo turco per gli affari religiosi. Come ha spiegato un’inchiesta del Gatestone Institute, il compito principale di Atib (e della germanica Ditib) è “installare la versione ufficiale dell’islam del governo turco” nei Paesi di lingua tedesca.
Dopo questa piccola parentesi torniamo in Italia, perché i collegamenti con la Turchia, come dicevamo, arrivano anche qui. Diyanet è la stessa agenzia grazie a cui, nel settembre 2015, il Cairn (Coordinamento delle associazioni islamiche di Milano e Monza) ha attivato delle borse di studio allo scopo di finanziare corsi di formazione per imam nei luoghi di culto italiani. Significa che anche nel nostro Paese l’influenza turca è piuttosto forte. Anzi, in certe realtà è addirittura dominante: è il caso di Milano. Il presidente del suddetto Cairn, infatti, è un signore chiamato Osman Duran. Il quale, guarda caso, da qualche anno è anche presidente di Milli Gorus Italia, cioè l’associazione che gestisce la moschea di via Maderna appena regolarizzata dal Comune di Beppe Sala.
“In Germania sono annualmente monitorate dalle forze di sicurezza e dai servizi associazioni come Milli Gorus”, commenta Matteo Forte, consigliere di Milano Popolare. “Nel Regno Unito un’inchiesta parlamentare è giunta alla conclusione che ‘l’adesione, l’associazione o l’influenza della Fratellanza musulmana dovrebbero essere considerati come un possibile indicatore dell’estremismo’. Noi invece legittimiamo quelle stesse organizzazioni e sigle che negli altri Paesi sono per lo meno attenzionate e permettiamo loro di costruire e controllare nuovi luoghi di culto”.
Già: tanto sdegno per Erdogan, poi però in Italia si legittimano le associazioni islamiche filo turche. Certo, poi qualcuno dirà che Milli Gorus, nel corso degli anni, non ha sempre mantenuto rapporti idilliaci con Erdogan. Poco cambia, in realtà: l’orbita è sempre quella, la vicinanza alle istituzioni turche rimane al di là degli screzi fra i vari leader.
Attenzione, però, perché non è mica finita. Poco fa abbiamo citato il Cairn, l’organizzazione che fece un accordo con l’agenzia turca degli affari religiosi per le borse di studio. Da lì arriva anche Sumaya Abdel Qader, velatissima esponente del Partito Democratico nel Comune di Milano. Sui social network, nei giorni scorsi, Sumaya ha esultato per l’approvazione del Piano per le attrezzature religiose che regolarizza le moschee.
Non stupisce: una di queste, situata in viale Padova è gestita da Al waqf al Islami in Italia. Tra i dirigenti di questa associazione c’è Maher Kabakebbji, ovvero il suocero di… Sumaya Abdel Qader. Kabakebbji è una figura di riferimento dell’islam italiano. Nella “sua” moschea in viale Padova, giusto per fare un esempio, si fermò a pregare addirittura il celebre intellettuale islamico Tariq Ramadan (che ora ha qualche problema giudiziario per presunte violenze sessuali) durante la sua visita in Italia.
Purtroppo per lui, Kabakebbji si trovò anni fa al centro di pesanti polemiche sul modo in cui Al waqfal Islami gestiva il denaro dei fedeli. Ne diede conto, in un informatissimo articolo sul Sole 24 Ore datato 2010, Karima Moual, attuale moglie del ministro degli Affari europei in quota Pd Vincenzo Amendola. La Moual, da brava giornalista qual è, può senz’altro raccontare con dovizia di particolari lo scontro di potere che si è consumato in terra lombarda per il predominio religioso, culturale e politico.
Come vedete, abbiamo sommariamente illustrato un intreccio di nomi e interessi piuttosto complicato. Nulla di illegale, ovviamente. Solo che forse, prima disdegnarsi e fare esibizione di superiorità morale, il Pd potrebbe un attimo riflettere sulle decisioni prese negli anni passati, e sul tipo di islam a cui ha deciso di appoggiarsi.
Francesco Borgonovo, “La Verità”.