Crescono le violenze tra il governo della Tanzania e il popolo masai di Loliondo, dopo lo sfratto dalle loro terre ancestrali nel Serengeti occidentale. È dal 12 febbraio scorso che le forze governative hanno iniziato a cacciare con la forza i masai dalle loro case, bruciando campi e abitazioni, ferendo civili, e lasciando donne e bambini senza riparo o protezione.
Si tratta di un territorio di 1500 quadrati oggetto di una disputa ventennale. Indiscutibilmente, a insediarsi per primi furono i masai, ma nel 2009 il governo della Tanzania ha contestato questo diritto: il terreno fa gola alla Ortello Business Company (OBC), una compagnia venatoria degli Emirati Arabi Uniti interessata alla caccia e alla cattura della fauna locale.
Grazie all’attivismo popolare e alle pressioni internazionali, il governo ha in buona misura fallito nell’intento. Tuttavia, si è rifatto vivo nel territorio masai. Secondo l’analisi di una fonte indigena, le operazioni di sfratto si basano sull’impegno combinato di Tanzania National Parks Authority (TANAPA), polizia e OBC.
Dopo i violenti scontri del 12 febbraio, 67 elementi della polizia hanno installato un accampamento vicino alle boma (recinti per mandrie, fattorie) date alle fiamme per impedire ai masai di reinsediarsi.
Al 14 febbraio, risultavano rase al suolo 114 boma, con 3000 persone rimaste senza tetto, cibo e protezione. Donne e bambini hanno trovato riparo sotto gli alberi, dove 3 di loro hanno partorito senza assistenza medica. Tra gli oggetti danneggiati, pelli per dormire e 120 capre, indispensabili per l’alimentazione.
Dopo il ferimento di due giovani masai il 12 febbraio, un altro ragazzo è stato gravemente ferito dalle forze di polizia e ricoverato in ospedale. Altri due uomini sono stati picchiati e vengono curati a casa.