Uno scoglio di 154 chilometri quadri sferzato dalle onde in mezzo al Pacifico, così si presenta Rapa Nui, l’isola di Pasqua. I suoi abitanti provengono dalla leggendaria Hiva, forse una delle isole Marchesi, da dove arrivarono a bordo di due piroghe capitanate da due fratelli: per questo suddivisero in due il territorio, anche se Hotu Matu’a, il primogenito, era il capo dell’intera isola.
Assai più di recente, l’ariki (capo) Atamu Tekena, cercando protezione contro le navi sudamericane che battevano l’oceano a caccia di schiavi, il 9 settembre 1888 firmò il trattato con il Cile e l’isola divenne parte della regione di Valparaiso. I rapanui furono riconosciuti come cittadini cileni solamente nel 1966. Gli abitanti della remota isola vennero privati delle terre e confinati con la forza per lasciare spazio a un grande allevamento di pecore della Compañía Explotadora de la Isla de Pascua, di capitale inglese.
Nel 1889 la lebbra giunse sull’isola, aggravandone i problemi. Nel 1936 sbarcò la chiesa cattolica, evangelizzando e proibendo l’idioma locale in favore del castigliano. Nel 1953 Pasqua iniziò a essere controllata dall’esercito cileno.
Gli abitanti tentarono parecchie fughe via mare, dal 1944 al 1958, per sfuggire alla dura vita di prigionia: sull’isola mancava tutto, persino l’acqua potabile: non esistendo serbatoi per raccogliere la pioggia, gli isolani dovevano arrampicarsi e poi scendere fino al cratere del vulcano Orongo per raccogliere l’acqua del lago e portarla al villaggio. Molti furono i dispersi in mare, alcuni riuscirono a raggiungere Atiu, nelle Isole Cook, altri le Tuamotu. Divenne necessario avere il permesso per andare a pescare.
Una delle tante rivolte pose fine ai soprusi: nel 1964 la Ley Pascua riconobbe i diritti dei rapanui.
Oggi per fortuna le cose stanno cambiando, e già da qualche anno vige il piano AMORE, a protezione della terra, della cultura, degli anziani, dei bambini, dei meno abili e così via.
Il significato dell’acronimo è il seguente:
- Autosostenibilità,
- Miglioramenti continui,
- Ottimizzazione delle risorse,
- Responsabilità sociale,
- Endependencia (la persona si autogoverna).
Il programma viene rappresentato come una piramide rovesciata: alla sua sommità il popolo responsabile.
A governare l’isola è il Mau Hatu, il consiglio dei 36 ariki, riconosciuto dal Cile a partire dal 1888: è formato da un rappresentante per ciascuna delle famiglie originarie dell’isola, che può essere eletto a vita o restare in carica per 2-4 anni.
La proprietà terriera viene gestita con honui (autonomia) come nell’isola di Rapa alle Australi.
Dal 2017 gli incassi della tassa di accesso ai siti archeologici – circa 70 euro – non spariscono nelle casse cilene ma vengono gestiti direttamente sull’isola; e già si nota la differenza: i siti sono più curati, il personale è aumentato e si moltiplicano i progetti di protezione dei moai.