Se ne va un altro piccolo pezzo della vecchia America anni Quaranta. Film western, gli indiani a cavallo, con le piume e i canti ritmati. La squadra di baseball dei Cleveland Indians rinuncia al suo simbolo: il fumetto di un pellerossa con un largo ghigno, la penna, lo sguardo obliquo. Si chiama “Chief Wahoo”, Capo Wahoo, e fu disegnato nel 1948. Fu commissionato da Bill Week, il proprietario di allora. Un razzista? Difficile dire. Si può solo ricordare che Week assoldò Larry Doby, il secondo giocatore afroamericano del campionato, dopo il mitico Jackie Robinson.
Anni di proteste, discussioni e appelli parlamentari: alla fine il commissario della Lega, Rob Manfred, ha convinto l’attuale presidente dei Cleveland, Paul Dolan. Dal prossimo anno Chief Wahoo scomparirà dalla divisa.
Le comunità dei nativi americani avrebbero preferito una cancellazione immediata, ma accolgono un risultato positivo. I tifosi delle altre etnie, invece, si interrogano perplessi. Quella caricatura così famigliare era davvero un segno di razzismo, magari implicito, più o meno consapevole? Il New York Times ha raccolto sul sito anche una breve clip girata allo stadio. Si vede arrivare un fan degli Indians con la faccia dipinta di rosso e un copricapo piumato. Appare stordito, sorpreso dalle rimostranze di un attivista. E in effetti più che un razzista sembra un ragazzone fuori quota nel mezzo di una festa di Carnevale per bambini, magari negli anni Sessanta o Settanta. Ma nell’America di oggi, la questione è presa molto sul serio. Anche a Cleveland, nell’Ohio, terra di antico duro lavoro nelle fabbriche e di mescolanze tra popoli, Phillip Yenyo, direttore esecutivo del locale Movimento Indiano-Americano, ha accolto con favore la decisione: “È un altro passo nella giusta direzione, anche se non capisco perché aspettare un anno”. Il motivo lo spiega, non senza imbarazzo, Dolan, il boss del team: “Siamo attenti agli argomenti portati avanti dai favorevoli e contrari in questa discussione. Molti supporter continuano a essere affezionati al logo, ma abbiamo deciso di aderire all’invito della Lega e lo toglieremo dal 2019”.
Un anno per abbandonare una tradizione. Nel frattempo il movimento per la difesa dei diritti dei nativi americani è già avanti: ora chiede al team di football, i Washington Redskins, di cambiare nome. Il presidente, Bruce Allen, ha fatto sapere che non se ne parla.
Giuseppe Sarcina, “Corriere della Sera”.